di Juri Saitta.
Ilaria Gambarelli dirige una produzione italo-spagnola.
Co-produzione italo-spagnola Ti offro da bere è il primo lungometraggio della genovese trentatreenne Ilaria Gambarelli. Racconta la storia di Christian, un uomo di 35 anni che, dopo aver perso lavoro e fidanzata a Londra, torna nella sua città natale, Genova. Il film sarà girato nella capitale britannica a febbraio, mentre dal 17 al 26 novembre si sono svolte le riprese genovesi.
Perché hai voluto affrontare il tema del ritorno e raccontare la nostra generazione?
Da un lato perché vivo in Spagna da dodici anni e mi sono più volte chiesta come cambierebbe la mia vita se tornassi dopo tanto tempo. Inoltre, ero circondata da coetanei che come me sono andati a vivere all’estero. Ho pensato così che fosse una questione generazionale. È una problematica interessante che ho voluto affrontare con i toni della tragicommedia.
Com’è stato finanziato il progetto?
Per fare in modo che fosse tutto legalmente in regola e per poterci rivolgere più facilmente a diverse istituzioni abbiamo fondato con Luis Manuel Caballero Alvarez l’Aretusa Film.
Inoltre, circa un anno e mezzo fa ho cercato contatti in Liguria, dove ho conosciuto il direttore della casa produttrice Dietro le quinte Enrico Bonino, che si è interessato a una co-produzione. Successivamente, abbiamo girato un teaser collegato alla storia che avevamo in mente, teaser inserito in un sito web dedicato al progetto. Così, altri soggetti si sono interessati al film, tra cui la Genova-Liguria Film Commission che l’ha sostenuto. Dopo alcuni tentativi falliti con produttori importanti, abbiamo preso contatti con imprenditori di altri settori e si è raggiunto un accordo con uno di loro. Da qui è cominciata la produzione, che non è ancora finita. Ci stiamo muovendo gradualmente, perché credo che sia l’unica strada per fare cinema partendo “dal basso”.
Potresti parlare dei cortometraggi che hai girato in passato?
Sono lavori accademici realizzati in Spagna in condizioni economiche sfavorevoli e con una certa insicurezza che sto superando con questo lungometraggio, che per me è un banco di prova di cui farò tesoro per altri lavori, cercando un miglioramento progressivo di film in film. Noto che spesso il cinema è considerato e insegnato come un’istituzione distante e sacrale, mentre mi piacerebbe un approccio più libero, come in Spagna, dove viene visto come un possibile lavoro.
Juri Saitta