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SPAZIO CRITICO
IN COLLABORAZIONE COL GRUPPO LIGURE CRITICI CINEMATOGRAFICI
"Take Shelter", di Jeff Nichols
I LaForche sembrano una normalissima famiglia della provincia americana (siamo in Ohio) impegnata come milioni di altre a inventarsi una vita accettabile nel pieno dell'imperversare della crisi economica che sta attanagliando il mondo.
(di Furio Fossati)
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Sezione: Recensioni
Il nascondiglio
Negli ultimi anni, Pupi Avati sembra aver trovato una nuova giovinezza che lo porta non solo a una prolificità decisamente eccezionale nel cinema italiano d’autore, ma anche al rinnovato piacere di cimentarsi con le strutture narrative del cinema di genere, come accade in questo Il nascondiglio che, tradendo la sua amata Emilia Romagna, ha voluto andare a girare direttamente nella provincia statunitense: cioè, nella patria dell’horror contemporaneo.
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Giorni e nuvole
Silvio Soldini ama Genova e la città lo contraccambia offrendogli le migliori condizioni di lavoro, dapprima, e, poi, affollando la sala in cui il suo film si proietta, per uscirne infine soddisfatto della storia a cui ha assistito e, soprattutto, del rapporto tra questa e il paesaggio urbano entro il quale il regista le ha dato vita.
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L’abbuffata
Se Avati guarda con infantile nostalgia al cinema di genere, Mimmo Calopresti sceglie di coniugare con giovanile baldanza la sua vocazione documentaristica, con il disincantato ritratto dei sogni e delle speranze delle nuove generazioni, mosse sovente più dalla voglia di fare che dalla consapevolezza di ciò che stanno facendo.
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In questo mondo libero…
Dopo la divagazione nella storia della guerra di liberazione irlandese (Il vento che accarezza l’erba), Ken Loach torna a guardare verso la prediletta classe operaia. E lo fa come gli è più congeniale: affrontando l’argomento in modo diretto, mantenendo la cinepresa sempre addosso ai personaggi di cui racconta le vicende umane, rifiutando ogni fronzolo estetizzante senza per questo cadere nella trappola del didascalismo di stile televisivo. In questo mondo libero…(titolo volutamente ironico) parla di lavoro precario e di immigrazione dai paesi poveri a quelli più ricchi, di mano d’opera clandestina e di mancanza di adeguata regolamentazione sociale, del sottile confine che nel mondo capitalistico separa gli sfruttati dagli sfruttatori.
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Il buio nell’anima
Posto tra parentesi l’amore per la sua Irlanda (La moglie del soldato, Michael Collins), Neil Jordan torna negli Stati Uniti per ostentare ancora una volta quel virtuosismo tecnico e narrativo già evidenziato sin dai tempi di Non siamo angeli e di Intervista con il vampiro. Eccolo quindi alle prese con un thriller classico, dall’andamento un po’ troppo risaputo, costruito sul tema della vendetta.
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Planet Terror
Dopo Grindhouse di Tarantino ecco anche Planet Terror di Rodriguez, seconda pala del dittico – diviso dall’insuccesso di critica e pubblico negli Usa – che i due registi hanno voluto elevare sull’altare di quel cinema-cinema che non ha paura di sconfinare nel “trash” attraverso il suo culto esclusivo per le variazioni stilistiche sulle strutture narrative del “genere” e che ha scelto il riferimento ai B-Movie – una volta molto popolari, oggi campo di adozione dei cinèphiles più duri e intransigenti – come proprio universo sia estetico, sia ideologico.
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4 mesi, 3 settimane e 2 giorni
La discussa Palma d’oro all’ultimo festival di Cannes ha portato all’attenzione del pubblico internazionale questo austero film del rumeno Cristian Mungiu, che con realistica meticolosità racconta il tragico viaggio di due ragazze nel mondo dell’aborto clandestino, ai tempi della dittatura di Ceausescu. Otilia e Gabita sono due studentesse che abitano in uno squallido dormitorio dell’Ateneo.
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Sicko
Michael Moore insiste nel suo cinema dichiaratamente polemico, un po’ narcisista e sanamente fazioso, sempre ben montato e attraversato da improvvisi guizzi umoristici. Dopo la disumanità della grande industria americana (Roger & Me), la nefasta ossessione dei suoi compatrioti per le armi da fuoco (Bowling a Columbine), le ambiguità del potere in occasione della tragedia delle “Twin Towers” (Fahrenheit 9/11), eccolo affrontare ora la disastrosa situazione del sistema sanitario nazionale, caratterizzato dall’arroganza delle società di assicurazione e dalla tragica solitudine degli ammalati che non sono in grado di pagarne gli ingentissimi premi.
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