L’ultimo film di Nanni Moretti inizia come una farsa ideologica (la scuola di maoismo officiata da Paolo Virzì nel film Cataratte prodotto da Silvio Orlando) e finisce come una tragedia fanta-politica (la condanna del Caimano-Berlusconi lascia dietro di sé una città incendiata dai suoi sostenitori).
In mezzo vi si raccontano, intrecciandole di continuo, due storie che strizzano l’occhio ad altri film, proponendo ora un Ed Wood all’italiana: popolato da personaggi inesorabilmente piccolo borghesi; e ora un Effetto notte sulla riva del Tevere, in cui l’appassionata cialtroneria si mescola di continuo con il velleitarismo civile, e la riflessione sul mondo del cinema si rispecchia nell’immaginazione – poi nella preparazione e infine nella realizzazione – di un film inteso a raccontare la resistibile ascesa al potere di Silvio Berlusconi (con tanto di nome e cognome). Pur riservando per sé solo una piccola scena in automobile e una sequenza finale costruita come enfasi degna di un film di Rosi o di Costa-Gavras, Nanni Moretti dimostra ancora una volta la capacità di farsi interprete delle idee di coloro che condividono le sue posizioni politico-esistenziali, ma conferma anche la sua tendenziale difficoltà a tradurre in autonoma unità espressiva la propria auto-referenziale visione del mondo. Quella che Il caimano porta sullo schermo non è certo una bella realtà.
Né cinematografica: il potere è nelle mani dei funzionari televisivi, i registi sono dei sopravvissuti, gli attori si rispecchiano solo in se stessi, i critici sembrano replicanti di quelli che si affacciavano nei film di Fellini, i giovani sono tenaci ma non possiedono ormai più nulla della tensione civile e della passione linguistica dei loro predecessori. Né politico-sociale: i rapporti individuali sono in crisi, la corruzione e il qualunquismo sono insieme causa ed effetto del sistema vigente.
La conseguenza è che anche un produttore dalla storia poco nobile, e dal presente diviso tra la propria crisi familiare e le crescenti difficoltà economiche, vi possa apparire come un punto di riferimento. Tutta colpa del berlusconismo imperante? Per sostenere questo dichiarato assunto tragico, però, non basta il finale del film. C’era bisogno della costanza di un tono stilistico e narrativo più alto: fatte le debite proporzioni, di parlare di Berlusconi come Shakespeare ha fatto di Riccardo III o Molière di Don Giovanni. Invece, Moretti si accontenta di contrappore al suo “mostro” le nevrosi di un uomo qualunque, e d’intingere questa materia bollente nel gioco a lui sempre caro degli ammiccamenti ai film degli altri (da Fellini a Bellocchio o Bertolucci, la ricerca è già iniziata tra i cinèphiles) o del compiacimento di qualche battuta più o meno divertente (i novant’anni di Dino Risi, il fascismo dei film spettacolari, le frasi celebri di Gianmaria Volonté, ecc.).
Tutto ciò fa di Il caimano un film paradossalmente fragile proprio nel suo assunto portante: cioè, nella definizione di un rapporto non solo esteriore tra quella società, quel cinema e quel produttore con il fantasma di quel Berlusconi: “uno” nelle sue performances televisive e “trino” nella interpretazione mimetica di Elio De Capitani, in quella compiaciuta di Michele Placido e in quella intensamente tragica dallo stesso Moretti.
Il caimano
(Italia, 2006)
Regia: Nanni Moretti
Sceneggiatura: Nanni Moretti, Francesco Piccolo, Federica Pontremoli
Fotografia: Arnaldo Catinari
Musica: Franco Piersanti
Scenografia: Giancarlo Basili
Interpreti: Silvio Orlando (Bruno Bonomo), Margherita Buy (Paola), Jasmine Trinca (Francesca), Michele Placido (Maro Pulici), Elio De Capitani (il Caimano), Giuliano Montaldo (Franco Cascio), Valerio Mastrandrea (Cesari), Jerzy Stuhr (Sturovski), Tatti Sanguineti (Peppe Savonese), Antonio Catania (dirigente Rai), Anna Bonaiuto (pubblico ministero), Paolo Virzì (dirigente maoista), Antonello Grimaldi, Paolo Sorrentino, Nanni Moretti
Distribuzione: Sacher Distribuzione
Durata: 110 minuti
(di Aldo Viganò)