Varcata ormai da tempo la soglia dei settant’anni, i fratelli Taviani restano fedeli a una loro idea di cinema insieme letterario e sentimentale, brechtiano ed emotivamente coinvolgente, comunque sempre impegnato ad affrontare argomenti forti e non rassegnato ad appiattirsi sull’imperante minimalismo quotidiano.
La masseria delle allodole, liberamente tratto dal romanzo autobiografico di Atonia Arslan, è esplicita testimonianza di questa loro vocazione a parlare di qualcosa di grande, come appunto lo è stato il massacro degli armeni attuato dall’esercito turco durante la prima guerra mondiale, quando nell’arco di soli due anni furono uccise seicentomila persone, deportate altrettante e il sopravvissuto terzo di un popolo fu costretto a emigrare all’estero. Il tutto con la motivazione della differenza etnico-religiosa, anche se (come accadde pochi decenni dopo in Germania agli ebrei) con lo scopo malcelato di impadronirsi dei loro beni e di mettere le mani su un impero economico-commerciale.
Con la complicità della Arslan, i Taviani scelgono di raccontare una tragedia storica dal punto di vista di un dramma famigliare. Il patriarca degli Avakian muore nel suo letto profetizzando sanguinose tragedie prossime venture, che puntualmente si concretizzano nonostante l’incredulità dei suoi parenti armeni abituati da sempre a convivere con i turchi, ospitandoli ai loro pranzi e alle loro feste o – come accade alla giovane Paz Vega con il bel Alessandro Preziosi – scambiando con loro promesse d’amore. Ma la guerra – si sa – incrudelisce gli animi ed esaspera le differenze. Ed ecco allora che, mentre il fratello del nuovo padrone di casa Avakian deve rinunciare al progetto di ritornare in patria dall’Italia dove ha fatto fortuna, i fratelli Taviani invitano lo spettatore ad assistere all’odissea di una famiglia, quale metafora di quella di un intero popolo.
Abbandonati dagli amici turchi, mentre tutto intorno si moltiplicano gli eccidi, gli Avakian vedono irrompere i soldati nella loro casa di campagna (la “masseria delle allodole” del titolo), i quali saccheggiano e fanno strage dei maschi di ogni età, gettano la testa del marito nel grembo della moglie, costringono tutte le donne a una lunga marcia sino ai confini del deserto, lasciando dietro di loro una lunga scia di sangue e di cadaveri. Una storia grande, si diceva, che i Taviani raccontano con ambizioni alte, ma di fatto con modalità essenzialmente calligrafiche che fanno del loro film qualcosa di più simile a uno sceneggiato televisivo che a una tragedia cinematografica.
La grande assente, in questo La masseria delle allodole, è proprio la messa in scena, che non solo latita nel raccordare le vicende private con i pubblici eventi, ma sembra anche rassegnata all’idea di un cinema “piccolo”, inteso come illustrazione di una vicenda narrativa piuttosto che come sua struttura linguistica significante, nonché alla rappresentazione di personaggi appiattiti sull’esteriorità di una recitazione tesa più a esibire idee e sentimenti che a dar loro autentica vita. Certo, infine, restano a pregio del film la testimonianza storica e il dolente virtuosismo dei singoli interpreti, ma questo non basta a fare di La masseria delle allodole quel film epico che i fratelli Taviani annunciano a più riprese di voler portare sul grande schermo.
La masseria delle allodole
(Italia 2006)
Regia: Paolo e Vittorio Taviani
Sceneggiatura: Paolo e Vittorio Taviani dal romanzo di Atonia Arslan
Fotografia: Giuseppe Lanci
Musica: Giuliano Taviani
Scenografia: Andrea Crisanti
Costumi: Lina Nerli Taviani
Montaggio: Roberto Perpignani
Interpreti: Paz Vega (Nunik Avakian), Moritz Bleibtreu (Youssouf), Alessandro Preziosi (Egon), Angela Molina (Ismene), Arsine Khanjian (Armineh Avakian), Mohammed Bakri (Nazim), Tchéky Karyo (Aram Avakian), Mariano Rigillo (Assadour), André Dussollier (colonnello Arkan), Itzhak Finzi, Linda Batista, Hristo Shopov, Stefan Danailov, Christo Jivkov, Ubaldo Lo Presti.
Distribuzione: 01 Distribution
Durata: due ore e 2 minuti
(di Aldo Viganò)