Woody e il rito della vanità
Sono anni ormai che Woody Allen sta portando sul grande schermo film che parlano del caso e del destino, della vanità di ogni progetto esistenziale, di come gli esseri umani abbiano bisogno delle illusioni per sopportare il male di vivere; tanto che questo assunto ha finito col diventare una maniera del suo ultimo cinema, allo stesso modo in cui un po’ di maniera erano sempre, nella prima fase della sua carriera di regista, le citazioni dei registi amati (Bergman e Fellini, soprattutto) e la tendenza a sacrificare alla battuta frizzante la continuità e la coerenza narrativa.
Gli artisti si sa vivono di ossessioni ricorrenti: in modo particolare quelli con vocazioni autoriali. E Woody Allen non fa certo mistero di considerarsi un autore, tanto che, prima ancora di lasciar vivere i personaggi sullo schermo, sembra preoccuparsi che questi abbiano soprattutto la funzione di esprimere la sua idea del mondo e della vita. Il caso, le illusioni, la vanità dell’esistenza umana tornano pertanto puntualmente anche in questo Incontrerai l’uomo dei tuoi sogni che si apre e si chiude con una citazione scespiriana, della quale Allen acriticamente s’impossessa, costruendovi intorno una storia che si ritiene atta a esemplificarne la verità. C’è un ricco e anziano uomo londinese (Anthony Hopkins) che abbandona il letto coniugale per andare in cerca della giovinezza perduta con un’ochetta dalle forme procaci (Lucy Punch) e con l’aiuto del viagra. Ci sono sua moglie (Gemma Jones) e sua figlia (Naomi Watts) che cercano rifugio esistenziale, affidandosi, l’una, ai consigli di una veggente (Pauline Collins) che la fa credere nella metempsicosi e, l’altra, al fascino un po’ “fané” di un bel gallerista d’arte (Antonio Banderas). C’è il genero Josh Brolin che sogna di diventare un grande scrittore, ma finisce col rubare il manoscritto del suo migliore amico e con l’inseguire il sogno di poter ricominciare da capo con la bella dirimpettaia (Freida Pinto) che gli sorride suonando la chitarra. Il film di Woody Allen è tutto qui. Incontri fuggevoli. Qualche dialogo brillante. Una recitazione molto professionale, ma quasi sempre sopra le righe. Una storia senza una fine precisa. Lo scorrere del tempo nella Londra ottimamente fotografata da Vilmos Zsigmond. Quel senso di malinconia che si accompagna per definizione alla vita che sfugge. Tutto perfettamente legittimo e molto “autoriale”. Anche un paio di sequenze (quelle di cui è protagonista Antonio Banderas con Naomi Watts) decisamente ben scritte e sapientemente messe in scena. Con il limite di fondo, però, che quei personaggi (come quasi sempre anche le inquadrature entro le quali essi esistono) sono in genere troppo banali, schematici e prevedibili per poter davvero interpretare – come Woody Allen non cessa mai di voler far credere – la vanità dell’esistenza umana e insieme la forza vitale dei nostri sogni di felicità: siano questi realizzabili o no.
(Aldo Viganò)
Incontrerai l’uomo dei tuoi sogni
(You Will Meet a Tall Dark Stranger, Spagna – Usa, 2010)
Regia e sceneggiatura: Woody Allen – Fotografia: Vilmos Zsigmond
Scenografia: Jim Clay
Costumi: Beatrix Aruna Pasztor
Montaggio: Alisa Lepsetter.
Interpreti: Anthony Hopkins (Alfie), Josh Brolin (Roy), Naomi Watts (Sally), Gemma Jones (Helena), Pauline Collins (Cristal), Antonio Banderas (Greg), Lucy Punch (Charmaine), Anna Friel (Iris), Freida Pinto (Dia).
Distribuzione: Medusa
Durata: un’ora e 38 minuti