di Aldo Viganò.
Come già evidenziato nei suoi lungometraggi precedenti (L’intervallo e L’esclusa), realizzati dopo una lunga e apprezzata carriera di documentarista, Leonardo Di Costanzo (Ischia, 1958) è un regista che alla dinamica dell’azione preferisce il racconto di una situazione, nel quale ciò che accade passa sempre in secondo piano rispetto al come il comportamento umano e le relazioni tra i personaggi vi si manifestano.
Di fatto, però, il suo è un cinema che, pur coniugando un’impostazione esplicitamente europea e anti-hollywoodiana sensibile al modello francese, guarda (a volte anche troppo) ai personaggi come esseri umani più che come a interpreti di idee e di comportamenti preconcetti. E la cosa appare ancor più evidente in questo Ariaferma, presentato fuori concorso all’ultima Mostra di Venezia, dove a dar consistenza umana a questi personaggi non sono più solo degli attori non professionisti, perché questi sono chiamati a convivere (e a fare loro da guida e punto di riferimento) con due “divi” del cinema italiano Toni Servillo e Silvio Orlando (ma in un ruolo pur marginale si fa notare anche Roberto De Francesco) quasi costretti a loro volta a comprimere la propria professionalità nel naturalismo degli altri, senza aver bisogno di esibirla in virtuosistiche “scene madri”.
La situazione narrata ha luogo nell’ottocentesco carcere immaginario di Mortara, in un imprecisato Appennino meridionale, che il potere centrale ha deciso di dismettere, considerandolo ormai obsoleto. A causa di imprevisti intoppi burocratici accade però che le operazioni di sgombero hanno una battuta d’arresto, con il risultato che la direttrice, Francesca Ventriglia (unica donna presente nel film), si trova costretta ad allontanarsi momentaneamente dal carcere, lasciando l’ultima dozzina di detenuti alla custodia di un piccolo reparto di agenti della polizia penitenziaria, affidati alla guida del più anziano – l’ispettore Gaetano Gargiulo (Toni Servillo) – il quale deve barcamenarsi in una situazione di emergenza che prevede la momentanea sospensione di tutti i servizi previsti (visite dei parenti, lavori e attività dei carcerati, assistenza medica e servizio di cucina sostituita da un catering ben presto contestato dai detenuti).
In questa imprevista situazione, accade così che le distanze tra carcerati e carcerieri progressivamente di accorcino, sino ad annullarsi; creando di fatto un clima di crescente tensione, che però la regia di di Costanzo, pur trattando il film come un thriller, lascia continuamente sospeso e inespresso.
Girato prevalentemente in primi piani, sovente interrotti da inaspettati campi lunghi all’interno o all’esterno del cupo edificio di detenzione, Ariaferma si concentra ben presto sui rapporti di sfida tra l’ispettore Gargiulo e il capo riconosciuto dei detenuti, Carmine Lagioia (Silvio Orlando), che si propone infine come cuoco per tutti: carcerati e carcerieri, avendo così accesso alle riaperte cucine, dove sono custodite anche pericolose armi da taglio.
Tra minacce di rivolta, sguardi di sfida tra i protagonisti, arrivo di un giovane detenuto in attesa di processo, manifestazioni di demenza di un anziano prigioniero e latente dissidenza tra chi ha il potere e chi non ce l’ha, oltre che all’interno delle fazioni opposte, il regista Di Costanzo conduce sapientemente, per quasi due ore, un gioco pericoloso fatto di cose non dette e di azioni non compiute, esaltando infine il latente messaggio, consegnatogli dalla sceneggiatura di Bruno Oliviero e Valia Santella, in un’ultima scena notturna alla luce delle torce, imposte da un improvviso blackout, che riappacifica tutti in un clima da cui chi esce male è solo la disumanità del sistema carcerario in quanto tale.
Ribadendo questo messaggio nella ultima scena in cui Gargiulo e Lagioia, raccolgono insieme nel cortile del carcere la verdura necessaria a un ultimissimo e imprevisto pranzo comune, Di Costanzo sa evitare ancora una volta la pur sempre latente minaccia della retorica. Uscendo infine vincitore grazie a quel suo personalissimo stile nel quale documentario e impegno civile, oggettività e soggettività, umanesimo e ideologia si coniugano insieme nella capacità – sempre più rara in Italia – di concedere un ruolo primario al linguaggio cinematografico.
ARIAFERMA
(Italia-Svizzera, 2021) regia: Leonardo Di Costanzo – sceneggiatura: Leonardo Di Costanzo, Bruno Oliviero e Valia Santella – fotografia: Luca Bigazzi – musica: Pasquale Scialò- scenografia: Luca Servino – costumi: Florence Emir – montaggio: Carlotta Cristiani. interpreti e personaggi: Toni Servillo (Gaetano Gargiulo), Silvio Orlando (Carmine Lagioia), Fabrizio Ferracane (Franco Coletti), Salvatore Striano (Cacace), Roberto De Francesco (Buonocore), Pietro Giuliano (Fantaccini), Nicola Sechi (Arzano), Francesca Ventriglia (la Direttrice). distribuzione: Vision Distribution – durata: un’ora e 57 minuti