di Renato Venturelli.
Esordio nella regia per Melina Matsovkas, 38 anni, nota da anni per i suoi video di Beyoncé, ma anche Whitney Houston e Rihanna, smaliziatissima orchestratrice di luci e di colonne sonore, decisa a realizzare un film molto schierato sul tema della condizione afro-americana negli Stati Uniti.
“Queen & Slim” parte con dialoghi brillanti sparati a raffica in uno squallidissimo locale, dove il commesso di supermercato Daniel Kaluuya (quello di “Get Out”) ha portato a cena una bella e scostante avvocatessa (Jodie Turner-Smith) per il loro primo appuntamento. Ma quando la riaccompagna a casa in auto, un poliziotto bianco di Cleveland li ferma, diventa sempre più aggressivo e la situazione degenera, finché l’agente spara alla ragazza e il suo compagno afferra la pistola, uccidendolo.
Da quel momento, i due innocenti si ritrovano di colpo criminali, costretti alla fuga attraverso l’America nella speranza di poter raggiungere Cuba: un percorso on the road che li porterà ad affrontare via via i diversi modi in cui la comunità afroamericana si ritrova costretta a vivere e reagisce davanti alla loro fuga, in una galleria di personaggi spesso ritratti efficacemente con pochi tratti, anche se entro un gioco convenzionale di caratterizzazioni. Nonostante i cambi d’abito e di acconciature, Jodie Turner-Smith tiene comunque sempre in evidenza la coscia bendata per la ferita, come un’icona da spot. E la gag ricorrente è quella dei due fuggitivi che cercano in ogni maniera di mimetizzarsi, ma ovunque capitino vengono immediatamente riconosciuti: dal cinico carrozziere afroamericano al locale black da bassifondi in cui si fa musica dal vivo, mentre il loro passaggio è accompagnato nelle piazze da crescenti manifestazioni di solidarietà nei loro confronti.
Il film è costruito in maniera smaliziata, la sceneggiatura della televisiva Lena Waithe (“Boomerang”, “The Chi”) è un susseguirsi tambureggiante di battute e situazioni eccentriche, la regia tiene sempre alto il ritmo e la colonna sonora, sempre però a partire dai personaggi. A volte eccedendo anche in sbruffonate effettistiche: come nel dozzinale montaggio parallelo tra la scena di sesso tra i due protagonisti e la manifestazione di piazza in cui viene colpito un ragazzo. Ma nell’insieme riuscendo nel suo scopo. Troppo mainstream, brontola qualche festivaliero snob: ma con l’efficacia di una solidissima tradizione americana.