TFF 2019 – “Dreamland” di Miles Joris-Peyrafitte

di Renato Venturelli.

Riecco la coppia di giovani fuorilegge in fuga, tra praterie e le cittadine di provincia del Texas negli anni Trenta della Grande Depressione: una di quelle coppie che all’epoca di Gangster Story univano lo sguardo sull’America e sulla Hollywood del passato con un’attualità pressante, quella della ribellione giovanile che trovava nello sfondo storico una sua proiezione mitologica, e quella di un cinema smanioso di scorciatoie per la modernità.

Oggi il rimando all’attualità è molto meno immediato, e gli anni Trenta non sono più un rimando diretto a quell’epoca, ma semmai al modo in cui gli anni Settanta l’avevano recuperata e le riletture successive l’avevano imbalsamata.

A rievocarla è stavolta la Margot Robbie di “Tonya”, nella doppia veste di attrice e produttrice. Ma la vicenda è raccontata dal punto di vista di un ragazzino del Texas, senza più padre, figliastro del vice-sceriffo, fanatico lettore delle riviste pulp e true crime che celebrano le imprese di investigatori e criminali. E Margot Robbie è una leggendaria rapinatrice di banche che ha (forse) appena compiuto una strage durante un colpo ed è adesso ricercatissima in tutta la regione.

Quando il ragazzo se la ritrova nascosta proprio nel fienile sotto casa, rimane immediatamente travolto dal doppio fascino avventuroso, quello dell’erotismo e quello del crimine, fino a farsi risucchiare in un’avventurosa fuga on the road.  Più dei citatissimi rimandi ai Gangster Story o alla Rabbia giovane, il modello di riferimento potrebbe essere l’ottimo ma spesso dimenticato Femmina e mitra (1958), vale a dire The Bonnie Parker Story, produzione AIP anni ’50 dove la bionda esplosiva Dorothy Provine interpreta una cameriera del Midwest diventata rapinatrice, capace di dominare marito e amante, pronta a osare imprese sempre più audaci, ma con la consapevolezza di avere “un biglietto di sola andata: una volta che hai cominciato puoi solo andare fino al capolinea”.

Diretto dal Miles Joris-Peyrafitte di “As You Are” (altra storia di formazione, intrecciata in questo caso al mystery), “Dreamland” riesce a costruire efficacemente le sue atmosfere, ma fatica poi a stagliare i suoi personaggi in una dimensione davvero bigger than life: le potenzialità della figura trascinante di Margot Robbie restano così intrappolate in una regia perbene, estranea alle iperboli, dove la trasgressione resta solo evocata, come sogno impacciato di un ragazzino texano.

Postato in 37° Torino Film Festival.

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