di Renato Venturelli.
Ancora un film di Bill Condon con Ian McKellen, che dopo i sopravvalutati “Demoni e dei” o “Mr.Holmes” tornano a far coppia per una classicissima commedia a base di inganni, colpi di scena e interpreti d’alto rango.
Tutto ha inizio quando McKellen e Helen Mirren s’incontrano in un ristorante per il loro primo appuntamento: lui dice di avere un figlio in Australia, lei è un’ex-docente di Oxford con un nipote premuroso, entrambi sono vedovi in cerca di compagnia. Ma quella che sembra inizialmente una rom-com della terza età, tutta eleganza demodé e tazzine da the, scivola rapidamente nel gioco di astuzie e simulazioni, con McKellen che si rivela un incallito truffatore, dedito di giorno a depredare ricchi clienti con investimenti fantasiosi e di sera a ingannare donne ricche e sole per sfilare tutti i loro averi.
Da sempre la commedia a base di truffe ed astuzie può rivelarsi anche un gioco sull’allestimento di uno spettacolo, o sull’arte in sé della recitazione: e la presenza di due grandi interpreti sembra per un po’ indirizzarsi verso questa direzione, elegante e un po’ datata, ma anche con potenzialità perfidamente ciniche.
Purtroppo, invece, il film prende nell’ultima parte una direzione molto più greve, tira in ballo addirittura trascorsi nella Germania nazista, fa precipitare il gioco raffinato della vertigine amorale degli inganni e della recitazione nella banalità di un’era che pretende di moraleggiare a tutti i costi. E come se non bastasse alla fine si fa pure a botte. Peccato, perché nell’ambito di uno spettacolo convenzionalissimo, “The Good Liar” sembrava poter funzionare benone e gli attori erano impeccabili come gli abiti e le suppellettili. Dal romanzo di Nicholas Searle.