“The Irishman” di Martin Scorsese

di Aldo Viganò.

Un bel carrello in avanti nel corridoio del ricovero per anziani inaugura, lento e dolente, giungendo sino al volto di Robert De Niro la lunga confessione di Frank “The Irishman” Sheeran. Quasi tre ore e mezza dopo la cinepresa di Martin Scorsese spia da un porta socchiusa il suo protagonista, sopravvissuto – pur in un mondo senza via d’uscita – ai quarant’anni trascorsi come sicario della mafia, nonché come compagno delle imprese anche criminali dello storico leader sindacalista Jimmy Hoffa.

Dopo l’epico e giovanilistico “Quei bravi ragazzi” e il maturo ma già dolente “Casino”, il settantasettenne Scorsese torna a parlare del mondo gangsteristico e malavitoso della mafia, scegliendo come punto di vista privilegiato la vecchiaia di un gregario che, dopo decenni di vita da sicario, senza evidenti sensi di colpa o pentimenti, confessa con voce fuori campo i propri delitti e tradimenti, ignorando però la cattolica funzione redentrice della confessione.

Spaccato insieme cronachistico e sentimentale di alcuni decenni di vita americana, “The Irishman” ha come protagonista un veterano della seconda guerra mondiale combattuta in Italia, che diventa poi un camionista senza futuro e infine viene cooptato come killer dalla potente famiglia Bufalino di Filadelfia. Questo protagonista è Frank Sheeran (interpretato dal taciturno e intenso De Niro), il quale uccide senza rimorsi e tradisce senza rimpianti, anche quella che sembra essere una salda amicizia. C’è in lui sempre qualcosa di fatalistico. E la sensazione che tutto quello che egli fa e ha fatto sia frutto del proprio destino e lo accompagni sino all’ultimo. Proprio questo suo abbandonarsi allo sviluppo cieco della Storia viene descritto e analizzato, anche con non dichiarato sgomento, dall’autore di questo importante film, il cui sguardo squisitamente cinematografico non cessa mai di stupire (e di essere stupito) per quel suo saper mescolare senza soluzione di continuità la cronaca e la finzione, offrendo nel contempo il meglio di sé nelle sequenze nelle quali si sofferma a indagare i rapporti tra gli esseri umani. L’umanesimo si addice al cinema secondo Martin Scorsese, E non per caso le scene migliori del film sono quelle che sviluppano i rapporti tra i personaggi: da quelle di Frank e il suo committente Russell Bufalino (un sempre più convincente Joe Pesci), conosciuto come esperto di motori a un distributore di benzina, a quelle che lo vedono al fianco di Jimmy Hoffa, al quale Al Pacino offre una travolgente interpretazione in crescendo, sino alla bellissima scena della sua esecuzione, che sancisce la fine di un’amicizia impossibile; ma anche a quelle gestite tutte in sottotono di Frank con la figlia sempre più incapace di accettare, una volta scoperto, il “lavoro” che fa il padre.

Film sepolcrale pur nella sua fluviale narrazione, non privo di momenti onirici sottolineati anche da riprese in ralenti, “The Irishman” è una visione non sempre facile da seguire nella sua veloce sintesi storica (ricalcata sovente su fatti veramente avvenuti), come nel suo troppo indugiare nelle sequenze finali sul tema insistito della mancata redenzione del “peccatore”. Ma resta indelebilmente nella memoria come un’opera di grande presa visiva e narrativa; caratterizzata com’è dall’impronta autoriale di un regista il quale non ha mai paura di prendersi del tempo senza annoiare e che sa comunque essere, quando decide di esserlo, un narratore straordinariamente sensibile allo sviluppo dei personaggi, un costruttore di sequenze ricche di suspense, un creatore d’immagini sempre pronto a dare spessore culturale e personale alla storia di quegli esseri umani che gestiscono l’azione e insieme si fanno trascinare dai fatti della vita, come se fossero privi di una coscienza degli atti brutali di violenza e di sopraffazione che li vedono protagonisti. Imprimendo su tutto questo il segno indelebile di un cinema autenticamente personale.

 

 

THE IRISHMAN

(“The Irishman”, Usa 2019)  regia: Martin Scorsese – soggetto: dal libro di Charles Brandt, sceneggiatura: Steven  Zaillian – fotografia: Rodrigo Prieto – musica: Robbie Robertson – scenografia: Bob Shaw – costumi: Christopher Peterson e Sandy Powell – montaggio: Thelma Schoonmaker.  Interpreti e personaggi: Robert De Niro (Frank “The Irishman” Sheeran), Al Pacino (Jimmy Hoffa), Joe Pesci (Russell Bufalino), Harvey Keitel (Angelo Bruno), Bobby Cannavale (Felix “Skinny Razor” DiTullio), Anna Paquin (Peggy Sheeran), Stephen Graham (Anthony “Tony Pro” Provenzano), Kathrine Narducci (Carrie Bufalino), Domenick Lombardozzi (Anthony “Fat Tony” Salerno), Sebastian Maniscalco (Joe “Crazy” Gallo), Ray Romano (Bill Bufalino), Jeremy Luke (Thomas Andretta), Stephanie Kurtzuba (Irene Sheeran), Aleksa Palladino (Mary Sheeran), India Ennenga (Dolores Sheeran), Jack Huston (Robert F. Kennedy).  distribuzione: Cineteca di Bologna, Netflix – durata: tre ore e 29 minuti

 

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