“Il traditore” di Marco Bellocchio

di Aldo Viganò.

Avvicinandosi al compimento degli ottant’anni, l’ex-énfant prodige del cinema italiano è diventato sempre più l’ultimo dei registi classici. Un autore cinematografico che padroneggia in modo  consapevole il proprio talento, trovando ogni volta il tono giusto per raccontare una storia ben scritta che si appoggia su un argomento in grado di coinvolgere lo spettatore, sapendo conciliare la forza narrativa della messa in scena con la consueta ottima direzione degli attori, l’accurata scelta delle immagini al servizio della centralità di personaggi in grado di diventare specchio della società in cui operano, ma anche di rivelare sullo schermo  la loro autonoma consistenza drammaturgica.

“Il traditore” è solo nella sua apparenza esteriore un bio-pic dedicato a Tommaso Buscetta: cioè, al “pentito” di Mafia che con le sue rivelazioni, stimolate e raccolte da Giovanni Falcone, contribuì a porre le basi del maxi-processo che nei primi anni Novanta del secolo scorso decapitò i vertici di “Cosa Nostra”.

Di fatto,  è un film che s’impone nell’asfittico mondo del cinema nazionale perché possiede l’inquietante risonanza di una tragedia classica, caratterizzata non tanto dalla cronaca (che pur sullo sfondo continua ad esistere con ammirevole e sintetica autenticità), quanto dal tormentato dilemma di un uomo dal temperamento passionale che, oltre alle donne, ama senza riserve i valori della società di cui ha sempre fatto parte; ma che ora non riconosce più nel comportamento di chi continua a volerla rappresentare, sostituendo il controllo del territorio con la vendita della droga e non esitando a uccidere anche le donne e i bambini..

Il discorso è articolato e difficile, per molti versi anche pericoloso, correndo il rischio di trasformare in un eroe un killer “pentito” e di sublimarne sino al limite dell’idealizzazione il suo attaccamento agli “ideali” mafiosi di onestà, rispetto dell’amicizia e riverenza nei confronti delle tradizioni ataviche. Però Marco Bellocchio sa quasi sempre – e anche in ciò sta la sua maestria autoriale – evitare la tentazione di questa trappola insita nelle parole del protagonista e in quella che è stata la sua esperienza esistenziale.

Il Tommaso Buscetta di Bellocchio, al quale l’ottimo Pierfrancesco Favino offre una recitazione intensa ed essenziale, non è né un eroe, né un santo. È messo in scena come un “traditore” tormentato dai sensi di colpa per quello che ha fatto e ha lasciato fare. È il complesso interprete e testimone dei fatti che hanno portato alla fine di un’epoca arcaica e alla nascita di un’altra stagione nella quale gli resta impossibile riconoscersi.

Il prezzo di questa tragedia, che Bellocchio sa rendere insieme collettiva e privata, passa attraverso l’uccisione dei figli e la tortura da parte delle forze dell’ordine internazionale; ma anche attraverso il tradimento dell’amicizia (si veda a proposito la bella sequenza del confronto in tribunale tra Buscetta e l’ex compagno di gioventù Pippo Calò: Fabrizio Ferracane) e la nascita di una nuova solidarietà umana con il conterraneo Giovanni Falcone (Fausto Russo Alesi); avventurandosi anche nella zona grigia della progressiva perdita di una identità ormai inesorabilmente non più recuperabile.

In un film sempre sospeso tra cronaca e invenzione autoriale, comunque, il valore artistico più compiuto trova il modo di esprimersi in forma compiuta e originale nella produttiva ambiguità con cui Bellocchio sa umanizzare la cronaca e oggettivare l’invenzione artistica. Ambiguità nella quale il regista dimostra di sapersi ancora una volta muovere con sicurezza, attingendo a quella classicità cui accennavo all’inizio.

Se si escludono, infatti, un paio di sequenze oniriche (forse non necessarie), “Il traditore” ha l’andamento solenne di una tragedia classica che, nel raccontare spazi e avvenimenti già proposti tante volte in video cronache (il bunker di Palermo con le sue gabbie per gli imputati e le teche antiproiettile per i testimoni; le condanne dei boss mafiosi e la loro dirompente risposta con l’attentato di Capaci, cui farà seguito quello di via D’Amelio; le struggenti parole in chiesa della vedova accanto alle bare degli agenti di scorta e l’inquietante difesa dell’avvocato Coppi al processo inteso, invano, ad accertare il coinvolgimento di Giulio Andreotti nelle trattative tra lo Stato e la Mafia), sa allargare e universalizzare lo sguardo sino s spingerlo all’interno di un personaggio (Buscetta) restituito in tutta la sua  complessità da un film, forse incompreso a Cannes, ma non per questo non in grado di proporsi come una rara testimonianza autoriale nel cinema contemporaneo. Non solo italiano.

 

IL TRADITORE

(Italia-Francia-Brasile- Germania, 2019)  regia e soggetto: Marco B ellocchio – sceneggiatura: Marco Bellocchio, Ludovica Rampoldi, Valia Santella, Francesco Piccolo, Francesco La Licata – fotografia: Vladan Radovic –  musica: Nicola Piovani – scenografia: Andrea Castorina – costumi: Daria Calvelli –  montaggio: Francesca Calvelli.  Interpreti e personaggi: Pierfrancesco Favino (Tommaso Buscetta), Maria Fernanda Candido (Maria Cristina de Almeida Guimarāes), Fabrizio Ferracane (Pippo Calò), Fausto Russo Alesi (Giovanni Falcone), Luigi Lo Cascio (Salvatore Contorno), Nicola Calì (Totò Riina), Giovanni Calcagno (Gaetano Badalamenti), Bruno Cariello (Alfonso Giordano), Bebo Storti (avv. Fausto Coppi), Vicenzo Pirrotta (Luciano Liggio), Goffredo Maria Bruno (Stefano Bontade), Gabriele Cicirello (Benedetto Buscetta), Paride Cicirello (Antonio Buscetta), Elia Schilton (giornalista), Alessio Praticò (Scarpuzzedda), Pier Giorgio Bellocchio (Cesare), Rosario Palazzolo (Gianni Di Gennaro), Antonio Orlando (Michele), Federica Butera (Silvana Buscetta), Ludovica Caldarera (Salvatore Cancemi),  Nunzia Lo Presti (Antonietta Bagarella), Giovanni Crozza (Buscetta da giovane), Matteo Contini (Salvatore Inzerillo), Alberto Gottuso (Giuseppe Inzerillo), Tatu La Vecchia (Frà Giacinto), Massimiliano Ubaldi (Giovanni Brusca), Pippo Di Marca (Giulio Andreotti), Marilina Marino (donna di Buscetta), Filippo Parisi (Giovanni). distrubuzione: 01 Distribution – durata: due ore e 15 minuti

 

 

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