“La paranza dei bambini” di Claudio Giovannesi

di Aldo Viganò.

Il primo merito del quarto lungometraggio a soggetto del quarantenne Claudio Giovannesi (già autore di “La casa sulle nuvole”, “Alì ha gli occhi azzurri” e “Fiore”) è quello di saper raccontare la propria storia di formazione criminale in modo diretto, senza cedere a tentazioni didascaliche o moralistiche. Il secondo, non meno significativo, consiste nell’aver impostato la propria messa in scena in forma dichiaratamente narrativa, evitando facili tentazioni realistiche o da documentario sociale.

Tutto questo fa di “La paranza dei bambini” un film dal forte esito romanzesco (non a caso la sceneggiatura è tratta liberamente dall’omonimo romanzo di Roberto Saviano), lontano dalla fascinazione neorealista, anche se Giovannesi ha voluto affidarne l’interpretazione ad attori prevalentemente non professionisti, presi dalla strada, con l’unica, vistosa eccezione rappresentata dal “cameo” di Renato Carpentieri nel ruolo di un vecchio camorrista agli arresti domiciliari.

Un romanzo cinematografico, comunque. Una fiction “scritta” per lo schermo nel programmatico rispetto cronologico dello svolgimento dei fatti, interamente cadenzati sulla narrazione delle condizioni sociali e dell’ambiente fisico nel contesto dei quali si svolge “la favola” dell’apprendistato, delle prime esperienze e della progressiva conquista del potere da parte di una “paranza” (traducibile in “compagnia” o “combriccola”) di adolescenti del napoletano Rione Sanità.

Giovannesi e Saviano scelgono poi di puntare sull’uso stretto del dialetto (puntualmente sottotitolato), assumendo come punto di vista privilegiato quello del quindicenne Nicola, il quale ha l’aspetto lindo e perbene dell’inedito Francesco Di Napoli.

Figlio della titolare di una lavanderia che come tutti i negozi della zona deve pagare il “pizzo” a chi detiene il potere nel quartiere, fratello maggiore di un ragazzino che inevitabilmente seguirà le sue orme, Nicola impara ben presto il ruolo del capobanda di un manipolo di coetanei, passando in poco tempo dalla manovalanza gregaria al ruolo del killer che, armato, tende sempre più ad agire per conto proprio. Un tragitto, il suo, tutto cadenzato sull’azione. Privo, come si diceva, di inutili spiegazioni sociologiche o di ripensamenti morali sull’operato di quei “bambini”..

L’unico valore che veramente guida il comportamento di Nicola e dei suoi compagni è quello individuale della conquista del potere. La distinzione tra il Bene e il Male è a loro completamente estranea. L’importante è vivere, il meglio possibile, in quella jungla di tutti contro tutti.

Tutto ciò per un po’ viene raccontato da Giovannesi procedendo di pari passo con la narrazione delle prime esperienze sentimentali e sessuali del protagonista con la coetanea Letizia (l’ottima Viviana Aprea); ma poi anche queste due strade formative tendono a divergere, indirizzando la vicenda verso un tragico finale non completamente esplicitato, ma dagli esiti ormai scontati, nel quale ciò che veramente conta è solo l’adrenalina che spinge quei giovani all’azione.

Ottimamente fotografato da Daniele Ciprì, “La paranza dei bambini” pedina i suoi protagonisti soprattutto nelle folli corse in moto tra gli stretti vicoli del capoluogo partenopeo, concedendosi solo rare pause in riva al mare per le scene d’amore. E il loro gioco si fa così sempre più pericoloso, soprattutto quando nelle mani di quei “bambini” iniziano ad apparire le armi da fuoco, inesorabilmente usate senza alcuno scrupolo o coscienza delle conseguenze.

Dalla riscossione del pizzo alle prime rapine e alle conseguenti lotte per bande, dal coltello serramanico alla pistola o al mitra: il film di Giovannesi racconta questa “excalation” criminale con dinamica oggettività, ma anche con tanta tenerezza nei confronti dei suoi protagonisti privi di altri punti di riferimento che non siano quelli della soddisfazione dei propri impulsi giovanili.

Ed è proprio questa tenerezza che fa di “La paranza dei bambini” un film decisamente originale nell’incerto panorama del cinema nazionale, anche se forse ancora un po’ reticente sul piano drammaturgico (la quasi assoluta assenza della generazione dei padri e la frettolosa messa in sordina delle motivazioni che spingono ad agire le bande in conflitto). Comunque un’opera decisamente pregevole, sincera e personale, dotata di un ottimo ritmo e ben interpretata da un cast inedito.

Giovannesi firma così un film che conferma le sue qualità di regista che sa comprendere e amare il comportamento dei propri personaggi e che testimonia  un autentico rispetto per il cinema e per la specificità del suo linguaggio, tramite il quale sa dare vita e spessore all’esistenza votata all’autodistruzione di quei “bambini” costretti a crescere troppo in fretta.

  

LA PARANZA DEI BAMBINI

(Italia, 2019) regia: Claudio Giovannesi – soggetto: dal romanzo di Roberto Saviano – sceneggiatura: Claudio Giovannesi, Roberto Saviano, Maurizio Braucci – fotografia: Daniele Ciprì – musica: Andrea Moscianese e Claudio Giovannesi – scenografia: Daniele Frabetti – montaggio: Giuseppe Trepiccione. interpreti e personaggi: Francesco Di Napoli (Nicola), Ar Tem (Tyson), Alfredo Turitto (Biscottino), Viviana Aprea (Letizia), Valentina Vannino (madre di Nicola), Ciro Vecchione (O Russ), Ciro Pellecchia (Lollipop), Pasquale Marotta (Agostino Striano), Luca Nacarlo (Cristian), Carmine Pizzo (Limone), Renato Carpentieri (don Vincenzo). distribuzione: Vision Distribution – durata: un’ora e 45 minuti

 

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