Proprio nei giorni in cui giungeva improvvisa la notizia della sua morte (avvenuta a Parigi il 12 settembre scorso) nelle videoteche italiane e sui canali satellitari faceva la sua comparsa Bellamy, l’ultimo lungometraggio girato da Claude Chabrol per il cinema: nonostante la presenza come protagonista di Gérard Depardieu, infatti, il film non era riuscito a trovare in Italia la via del grande schermo.
Come hanno potuto constatare coloro che hanno scelto di andare a cercarla, Bellamy non è certo una delle opere migliori del regista francese, ma ciò nonostante la sua qualità resta molto superiore alla maggior parte delle pellicole che si possono vedere nelle sale cinematografiche nazionali, sottesa com’è da uno sguardo della cinepresa sempre consapevole e da un tono capace di coniugare malinconia e ironia nei confronti dei fatti di una vita che inesorabilmente sta sfuggendo di mano anche al commissario Paul Bellamy. L’azione si svolge d’estate a Nîmes e ancora una volta, pertanto, Chabrol ambienta una sua storia in provincia. Qui Bellamy sta trascorrendo come al solito le vacanze estive nella casa di famiglia della moglie, ma è ben contento che l’arrivo imprevisto del fratellastro avventuriero e alcolizzato e, soprattutto, la richiesta di aiuto di un uomo in fuga tornino a stuzzicare la sua curiosità investigativa, permettendogli così, tra l’altro, di rinviare ancora una volta la richiesta della sua amata consorte di fare insieme una crociera verso lidi lontani. Bellamy è un “polar” crepuscolare che conclude inaspettatamente la filmografia di un regista prolifico, proprio nello stesso anno che si era aperto con la morte di Eric Rohmer, l’amico del quale Chabrol disse una volta: «Solo se a causa di un mio film, brutto o bello che sia, Gran Momo (così gli amici chiamavano Rohmer) dovesse cambiare marciapiede incontrandomi, come fece un giorno Godard dopo l’uscita di Stéphane, una moglie infedele, perderei davvero il rispetto per me stesso».
Chabrol è morto a ottant’anni e negli ultimi sessantadue non aveva mai cessato di stare dietro la cinepresa (qualche volta anche davanti): subito prima e appena dopo Bellamy aveva realizzato per la televisione, da altrettanti racconti di Guy de Maupassant, quattro film di mezz’ora ciascuno, almeno uno dei quali (La parure: si può vedere quasi interamente su internet) testimonia tutto quel piacere di fare del cinema che caratterizza l’intera filmografia di Chabrol. Et pourtant je tourne…intitolava nel 1976 la sua quasi-biografia. Chabrol aveva allora 46 anni e aveva già girato 27 lungometraggi, 3 cortometraggi e 6 telefilm. Alla fine della sua esistenza, i lungometraggi sono diventati 54 e i film per la televisione 25, oltre a numerosi spot pubblicitari. Una filmografia più ricca di titoli di quelle degli amati Alfred Hitchcock e Fritz Lang. Un lungo viaggio nel fiume della storia del cinema degli ultimi cinquant’anni con davanti a sé, sempre ben aperta, la bussola del primato del linguaggio sui contenuti nella consapevolezza che al cinema – come in tutte le arti – è la forma che determina il senso delle cose rappresentate. E, siccome è girare film che fa il regista: “pourtant je tourne”, sempre e comunque. Anche quando la realtà produttiva del momento non offre le condizioni migliori. Perché solo così “je suis” (un metteur en scéne). Chabrol partecipa con i registi della Hollywood classica gli stessi principi guida. La qualità nasce dalla quantità. L’arte come risultato del lavoro. Il capolavoro come “casuale e magica” coagulazione di esperienze acquisite. Girare senza alcuna paura di sporcarsi le mani (e la reputazione secondo i benpensanti).
È questo atteggiamento “ludico e gioioso” che ha concorso a dare alla filmografia di Claude Chabrol un andamento carsico per quanto riguarda sia la qualità delle opere, sia il loro buon rapporto con il pubblico (e non necessariamente i due percorsi tra luce e ombra hanno coinciso). Per Chabrol il cinema è sempre un fatto collettivo e, per questo, chi vuol fare il regista deve lavorare non solo per acquisire individuali competenze, ma anche affinché sul set tutto fili in armonia: circondandosi di collaboratori fidati e di attori con i quali stare in allegria, trovando se è possibile un produttore con cui condividere le scelte di fondo. Non è certo un caso, infatti, se lo sviluppo altalenante della filmografia di Chabrol ha avuto i suoi momenti di massima luce nei periodi in cui il suo rapporto con l’industria cinematografica ha trovato un regime di armonia.
Dapprima c’è stato il tempo del controllo diretto della produzione tramite la AJYM, fondata con i soldi dell’eredità della prima moglie: quello che ha coinciso con la nascita della Nouvelle Vague, di cui Chabrol è stato il pioniere, da Le beau Serge a Donne facili. Poi, è venuto l’incontro con André Génovès, con il quale ha realizzato una lunga serie di film che indagano, soprattutto sullo sfondo della provincia francese e sul filo narrativo del “polar”, le variazioni della coppia borghese. È questo il periodo dei primi capolavori (da Stéphane, una moglie infedele a Il tagliagole, da Juste avant la nuit a L’amico di famiglia) a testimonianza che anche la parentesi oscura delle Tigri o di Marie-Chantal o di Criminal Story non è stata inutile: a scrivere s’impara scrivendo, a fare film girando, a raccontare il mondo impadronendosi del linguaggio necessario per dargli forma e contenuto. Quando, nel 1975, la casa di produzione di Génovès (La Boétie) dichiarò fallimento, Chabrol si trovò a dover ripartire da capo, ma ormai il suo gruppo di collaboratori fissi (Odile Baski alla sceneggiatura, Jean Rabier e poi Eduardo Serra alla fotografia, Yves Langlois e Monique Fardoulis al montaggio, il figlio Matthieu alla musica, Aurore Paquiss segretaria d’edizione, ecc.) era composto e Chabrol lo poteva portare in eredità in altri sistemi produttivi (in particolare alla Filmel di Eugène Lépicier) e metterlo proficuamente al servizio anche di attori diversi dal solito (da Donald Sutherland di Rosso nel buio a Isabelle Huppert, che dopo Violette Nozière si avviò a prendere il posto di Stephane Audran quale sua prima musa ispiratrice); sino a che, a partire da Una morte di troppo, Chabrol ritrova il vecchio compagno di strade dei tempi della contestazione del Maggio parigino, Marin Karmitz, che con la sua MK2 Productions, gli garantisce di mettere in scena, in un clima di rinnovata serenità, tutti i suoi film prima di Bellamy.
Sono questi gli anni della progressiva riconquista della critica e anche di nuovi grandi film quali Il buio nella mente o Grazie per la cioccolata. Gli anni del successo e della serenità personale. Gli anni del riposo nella residenza sulla Loira e del lavoro nel modesto appartamento parigino in una traversa di Rue Charlie Chaplin. Anche gli anni dei riconoscimenti internazionali, tra i quali la retrospettiva biennale dedicatagli dal Festival di Torino e la laurea Honoris Causa consegnatagli dalla Facoltà di lettere dell’Università di Genova, dove, indossata con paziente accondiscendenza la toga regolamentare, Chabrol si presentò nell’aula magna con le braccia aperte, mormorando “Je suis prêt”: proprio come un condannato che sale alla “cérémonie” senza perdere nulla della sua regale ironia. Ed è proprio questa ironia, capace di illuminare la sua conversazione come il suo sguardo a 24 fotogrammi al secondo sugli esseri umani e sulla vita, che inesorabilmente ci mancherà, insieme con quel progetto di cinema insieme classico e moderno, di cui Chabrol è stato – nonostante le circostanze sovente avverse – un sempre rigoroso e consapevole interprete.
Biografia
Claude Chabrol nasce il 24 giugno 1930 a Parigi, dove muore il 12 settembre 2010. Figlio di farmacisti, scopre il cinema nella sala gestita da uno zio paterno e poi a Sardent nella Creuze, dove i genitori, impegnati nella Resistenza, lo hanno lasciato con la nonna materna. Finita la guerra, si laurea in Lettere moderne, ma preferisce frequentare i cineclub parigini e la Cinémathèque Française, dove entra in contatto con i giovani critici dei “Cahiers du Cinéma”, con cui inizia a collaborare nel 1953, l’anno dopo il suo matrimonio con Agnés Marie-Madeleine Goute, figlia di un alto funzionario di Marsiglia, da cui avrà due figli (Jean-Yves e Matthieu). Con i soldi lasciati in eredità alla moglie dalla nonna, nel 1956 fonda la casa di produzione AJYM (A come Agnés, JY come Jean-Yves, M come Matthieu) per cui gira i suoi primi lungometraggi e finanzia la realizzazione di alcuni film degli amici. Chabrol ha scritto due racconti polizieschi, un celebre saggio sul cinema di Hitchcock (insieme con Rohmer), un’autobiografia, una raccolta di annotazioni sul fare cinema, qualche recensione critica e la sceneggiatura di quasi tutti i suoi film. Ha diretto un paio di spettacoli teatrali e ha realizzato molti spot pubblicitari. E’ passato senza complessi dal cinema alla televisione, e viceversa. Occasionalmente ha fatto anche l’attore. Nel 1964 sposa Stéphane Audran, attrice di molte tra le sue opere più importanti e madre di Thomas, e nel 1988 Aurore Paquiss, segretaria d’edizione di tutti i suoi film degli ultimi quarant’anni.
(Aldo Viganò)
FILMOGRAFIA
Cinema
1958: Le beau Serge (∗∗) – I cugini (∗∗∗)
1959: A doppia mandata (∗∗∗)
1960: Donne facili (∗∗∗∗) Les godelureaux (∗∗)
1961: L’avarizia (episodio di I sette peccati capitali – ∗∗) – L’oeil du malin (∗∗∗)
1962: Ophélia (∗∗∗) – Landru (∗∗∗)
1963: L’uomo che vendette la Tour Eiffel (episodio di Le più belle truffe del mondo – ∗∗)
1964: La Tigre ama la carne fresca (∗∗) – La Muette (episodio di Paris vu par…– ∗∗∗)
1965: Marie-Chantal contro il dottor Kha (∗∗∗) – La Tigre profumata alla dinamite (∗∗)
1966: La ligne de demarcation (∗∗) – Delitti e…champagne (∗∗∗)
1967: Criminal Story (∗∗) – Les biches (∗∗∗∗)
1968: Stephane, una moglie infedele (∗∗∗∗∗) – Ucciderò un uomo (∗∗∗∗)
1969: Il tagliagole (∗∗∗∗∗)
1970: All’ombra del delitto (∗∗∗∗)
1971: Juste avant la nuit (∗∗∗∗∗) – Dieci incredibili giorni (∗∗)
1972: Trappola per un lupo (∗∗) – L’amico di famiglia (∗∗∗∗∗)
1973: Sterminate “Gruppo Zero” (∗∗)
1974: Una partita di piacere (∗∗∗) – Gli innocenti dalle mani sporche (∗∗∗)
1975: Profezia di un delitto (∗∗∗) – Pazzi borghesi (∗)
1976: Alice ou la dernière fugue (∗∗∗)
1977: Rosso nel buio (∗∗∗∗∗)
1978: Violette Nozière (∗∗∗∗∗)
1980: Le cheval d’orgueil (∗∗)
1982: I fantasmi del cappellaio (∗∗∗∗)
1983: Il sangue degli altri (∗∗∗)
1984: Una morte di troppo (∗∗∗)
1985: L’ispettore Lavardin (∗∗∗)
1986: Volto segreto (∗∗)
1987: Il grido del gufo (∗∗)
1988: Un affare di donne (∗∗∗∗)
1989: Giorni felici a Clichy (∗) – Doctor M. (∗∗)
1990: Madame Bovary (∗∗∗)
1991: Betty (∗∗∗∗)
1992: L’occhio di Vichy (∗∗∗)
1993: L’inferno (∗∗∗)
1995: Il buio nella mente (∗∗∗∗∗)
1996: Rien ne va plus (∗∗∗∗)
1999: Il colore della menzogna (∗∗∗)
2000: Grazie per la cioccolata (∗∗∗∗)
2002: Il fiore del male (∗∗∗)
2004: La damigella d’onore (∗∗∗)
2005: La commedia del potere (∗∗∗)
2006: L’innocenza del peccato (∗∗∗∗)
2009: Bellamy (∗∗∗)
Televisione
1973: Il mistero della famiglia De Grey (∗∗) – La panchina della solitudine (∗∗∗∗) – Monsieur Bébé (∗∗∗)
1974: Nul n’est parfait (∗∗∗) – Un invito alla caccia (∗∗) – Les gens de l’étè (∗∗∗)
1978: 2 + 2 = 4 (∗∗) – Le boucle d’oreille (∗∗∗∗) – Saint-Saèns e la giovane rivoluzionaria (∗∗∗) – Sergej Prokofiev e il sogno premonitore (∗∗∗) – Liszt e l’avventura romana (∗∗∗)
1979: Fantomas: l’échafaud magique (∗∗∗) – Fantomas: le tramway fantome (∗)
1981: Il sistema del dr. Goudron e del prof. Plume (∗∗) – Les affinités électives (∗∗∗)
1982: M. Le Maudit (∗) – La danse de mort (∗∗∗)
1987: L’escargot noir (∗∗)
1988: Parole crociate (∗∗)
1996: Cyprien Katsaris
2001: Coup de vice
2006: La parure (∗∗∗)
2008: Le petit fût
2009: Le petit vieux des Batignolles
2010: Le fauteuil hanté