di Renato Venturelli.
L’omaggio del FEFF 20 a Brigitte Lin, icona del cinema di Hong Kong, porta anche al recupero di “Dragon Inn” (“New Dragon Gate Inn”), un wuxia anni ’90 prodotto da Tsui Hark e remake del grande classico di King Hu del 1967. La vicenda è ambientata all’epoca del potere degli eunuchi della Camera dell’Est durante la dinastia Ming, e si svolge in gran parte in un paesaggio desertico, o presso una locanda isolata, la Dragon Inn del titolo, dove sostano sia i buoni sia i cattivi, in un clima di attesa per l’esplodere dell’azione.
La scena cult più ricordata e celebrata è quella in cui si sfidano le sue due grandi protagoniste, la spadaccina Brigitte Li e Maggie Cheung, nel ruolo della locandiera che ha l’abitudine di sedurre ed uccidere persone di passaggio, facendole poi cucinare e servendole in pasto agli altri clienti. Il duello a strip-tease tra le due donne culmina con Maggie Cheung che rimane nuda e si rifugia sul tetto: sicuramente un momento da antologia.
Ma molto più trascinante e visionaria è tutta la parte finale, quando finalmente esplode l’azione in pieno deserto e gli scontri non sono più limitati a brevi accenni stilizzati. I duellanti del gran finale affondano nella sabbia del deserto, si spostano sotto la superficie, riaffiorano improvvisamente in un altro punto per riprendere a combattere. E nel momento culminante entra in scena il cuoco della locanda, abituato ad affettare le vittime della sua padrona con rapidissimi colpi di coltello, per poi cucinarli: nel gran finale affronterà il cattivo scarnificandogli prima la gamba e un piede, quindi una mano e il braccio, in un continuo immergersi e riemergere dalla sabbia. Il tutto in un cromatismo delirante cui contribuiscono, oltre alle coreografie fantasmagoriche dei duelli, il rosso vivo del sangue, il giallo della sabbia, l’azzurro del cielo, e naturalmente la figura stilizzatissima di Donnie Yen.