di Jurij Saitta.
È dalla ormai celebre retrospettiva del 2011 che il Torino Film Festival ospita quasi ogni anno uno o più film di Sion Sono, presente anche in questa 34° edizione con il suo ultimo lavoro: Antiporno, proiettato nella sezione “Afterhours”.
Abituatoci a racconti e immagini forti, l’autore nipponico firma nuovamente un’opera “folle” ed estrema, che risulta tale non solo e non tanto per regia e soggetto, ma soprattutto per la scelta di abbandonare quasi ogni struttura narrativa e di addentrarsi completamente nella mente di Kyoko, una ragazza che sogna di diventare un’attrice porno.
Il film svela i desideri, le frustrazioni e il passato della protagonista tramite un andamento che segue il flusso di coscienza del personaggio, unendo senza soluzione di continuità i suoi sogni, il suo presente e i suoi ricordi.
Un’idea che l’autore percorre anche a livello visivo attraverso delle scenografie tese a mostrare l’immaginario kitsch e patinato della ragazza, come dimostra soprattutto la casa in cui si svolge la maggior parte del film, composta da muri dai colori eccessivamente vivi e marcati, quali il rosso acceso del bagno e il giallo abbagliante della camera da letto.
Ma nonostante tali elementi si dirigano nella psiche della protagonista, l’opera riesce in realtà anche a riflettere in modo più ampio e generale sull’attuale società nipponica. Qui, infatti, la vita e il mondo interiore di Kyoko si fanno specchio sia della condizione femminile in Giappone sia della relazione che il Paese ha con il sesso. Due problematiche ricche di contraddizioni: se la donna giapponese sembra essere divisa tra una sbandierata libertà individuale e un più reale stato di sottomissione (alla famiglia e a un immaginario che la vuole al tempo stesso dolce e forte, casta e libertina), il rapporto che la Nazione ha con la sessualità appare altrettanto stretto tra pudore pubblico ed eccessi privati, tabù e liberazione.
Tutte questioni che l’autore affronta a volte in modo serio e sconvolgente, altre in modo grottesco e sarcastico, come nella sequenza della cena familiare e in quelle metacinematografiche del set e delle proiezioni. Episodi, questi ultimi, particolarmente importanti, non solo perché sono una satira sul mondo del cinema e della moda, ma anche e soprattutto in quanto rendono evidente il discorso pubblico intrapreso da Sono, che proprio in tali momenti riflette sul ruolo degli spettatori (e quindi della collettività) e mostra alcuni perni centrali dell’opera, come la sottomissione e la frustrazione presenti nella società nipponica contemporanea.
Caratteristiche che rendono “Antiporno” un film surreale e malato, grottesco e angosciante, sicuramente complesso e stratificato, ricco di simboli e di riferimenti culturali che forse in occidente non si possono cogliere pienamente.
Il risultato finale è notevole e complessivamente in linea con il cinema dell’autore giapponese, da sempre impegnato con le sue opere folli ed estreme in una disamina cruda del proprio Paese. Ma al tempo stesso, il lavoro in questione sembra essere leggermente meno riuscito e appassionante dei film migliori del regista, che qui insiste troppo su simboli e riferimenti vari, realizzando così un’opera a tratti marcatamente ed eccessivamente concettuale. Un Sono forse “minore”, dunque, ma pur sempre originale ed estremamente interessante.
(di Juri Saitta)
Antiporno (id., 2016) Regia: Sion Sono – Sceneggiatura: Sion Sono – Fotografia: Maki Ito – Montaggio: Junichi Ito – Musica: Tomonobu Kikuchi – Interpreti: Ami Tomite, Fujiko, Sayaka Kotani, Mana Yoshimuta, Ami, Ai Shimomura – Durata: un’ora e 18 minuti.