“Quando hai 17 anni” di André Téchiné

17-anni-130x90di Aldo Viganò.

A settantatre anni compiuti, André Téchiné –  ex-critico dei “Cahiers du Cinéma” negli anni Sessanta e apprezzato regista francese con alle spalle più di venti film – torna al tema che gli ha dato notorietà internazionale: l’osservazione meticolosa (alternando immagini fisse con grande mobilità della cinepresa) della difficile via attraverso la quale i giovani giungono alla conoscenza di se stessi e della loro  relazione con gli altri. Qui ci sono due diciassettenni, compagni di classe nell’anno finalizzato a concludersi con l’esame di maturità (per i francesi  “baccalauréat”).

Il biondo Damien (Kacey Mottet Klein) è figlio unico della dottoressa di una cittadina del sud-ovest della Francia e di un pilota dell’esercito in missione all’estero, mentre Thomas (Corentin Fila) è un ragazzo di colore, figlio adottivo di una coppia di allevatori di bestiame, che vive sui monti, dai quali ogni giorno deve fare un lungo viaggio per andare a scuola. Fin dalla prima inquadratura del film i due vivono un rapporto di attrazione-repulsione: si spiano, si provocano, si sgambettano e sono protagonisti di scazzottate violente. Ma per lo spettatore non è difficile capire quasi subito che tra di loro c’è, pur latente, un sentimento amoroso, alla rivelazione del quale Téchiné dedica il suo intero film.

Quando hai 17 anni è strutturato e scandito sul ritmo dei trimestri scolastici e del passaggio delle stagioni. Nella prima parte, caratterizzata con ottimi esiti figurativi dall’onnipresenza della neve, c’è il gelo di un sentimento nascente, ma ancora non espresso, né a se stessi, né all’altro; poi, nella seconda, il disgelo ha inizio con metaforica valenza, anche se l’amore tende ancora a nascondersi dietro l’esuberanza dei corpi in lotta; mentre nella terza, infine, la primavera giunge  a liberare la natura omosessuale dei due ragazzi, sullo sfondo del fiorire della campagna e della dialettica amore-morte che alla maturità sentimentale sovente s’accompagna e che viene qui oggettivata, da una parte, nella insperata nascita di una sorellina per Thomas e, dall’altra, nel lutto per l’uccisione in un’azione di guerra del padre di Damien, di cui viene messo in scena il funerale in una sequenza forse ironicamente non aliena al ricordo di Giardini di pietra di Francis Ford Coppola.

Lo stretto rapporto tra sentimenti umani e divenire della natura è indubbiamente, pur nella sua insistita valenza metaforica, la cosa migliore del film di Téchiné, il quale, pur nella fragilità dei personaggi di contorno (i compagni di scuola e gli insegnanti, in primo luogo), si conferma anche qui autore consapevole del proprio mezzo linguistico e ottimo direttore d’attori (oltre a quella dei due giovani protagonisti, va segnalata la significativa prova di Sandrine Kiberlain nel ruolo della madre di Damien). Ma, ciò nonostante, c’è qualcosa che nella sua regia proprio non convince e di fatto non funziona. Si tratta non solo dell’eccesso di metafore già evidenziato e che va ben oltre l’uso del paesaggio, ma riguarda anche, e soprattutto, il compiacimento al limite del morboso con cui lo sbocciare del sentimento amoroso viene qui materialisticamente esibito.

Se Quando hai 17 anni è un film che nella sua maggior parte racconta in modo delicato (certo meglio e più di quanto accade nelle pellicole di Ozon, ad esempio) i turbamenti omosessuali di due giovani, mettendo in scena contemporaneamente – con l’alternarsi di primi piani per indagare i passaggi emotivi dei personaggi e di campi lunghi per metterli in rapporto con le trasformazioni del paesaggio interno ed esterno –  l’universale difficoltà di avere 17 anni, in questo contesto, però,  si concede alcune esibizioni di realismo (più o meno onirico) che proprio poco ci “azzeccano” e inutilmente “sporcano” lo sviluppo del racconto. Basti ricordare, ad esempio, le metaforiche (e non sviluppate) orme dell’orso che turbano le notti di Thomas o il sogno erotico della madre di Damien di fare l’amore con il compagno di classe del figlio o vedere anche, e soprattutto, la lunga e un po’ grossolana sequenza di sesso tra i due ragazzi.

Se queste scene non funzionano non dipende dallo sguardo moralistico di chi vi assiste, ma deriva dal fatto che sono oggettivamente brutte e corrono il rischio di introdurre in Quando hai 17 anni  una dimensione che non gli appartiene, dando la sgradevole impressione che queste sequenze siano quasi inserti provenienti da un altro film o inutile espressione di un senile compiacimento “voyeuristico”. Ma ciò che l’ultima pellicola di Téchiné stava raccontando non era forse qualcosa di diverso dei soliti amplessi omosessuali che oggi vanno tanto di moda sullo schermo? E l’idea del cinema di un autore cresciuto all’ombra della Nouvelle Vague non è stata forse (e non è tuttora) molto più complessa e articolata di quanto invece l’ostentata compiacenza “naturalistica” di quelle scene sembra voler suggerire?

 

 

Quando hai 17 anni

(Quand on à 17 ans, Francia 2016)  Regia: André Téchiné – Soggetto: liberamente ispirato dal telefilm New Wave di Gaël Morel – Sceneggiatura: André Téchiné e Céline Sciamma – Musica: Alexis Rault – Montaggio: Albertine Lastera.  Interpreti: Sandrine Kiberlain (Marianne Delille), Kacey Mottet Klein (Damien Delille), Corentin Fila (Thomas Charpoul), Alexis Loret (Nathan Delille), Jean Fornerod (Jacques Charpoul), Mama Prassinos (Christine Charpoul).  Distribuzione: Cinema di Valerio De Paolis – Durata: un’ora e 56 minuti

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