THESSALONIKI DOCUMENTARY FESTIVAL 2016 Golden Dawn: A Personal Affair – La Grecia di Alba Dorata

golden-dawndi Massimo Lechi.
Tra i film che maggiormente hanno segnato la diciottesima edizione del Thessaloniki Documentary Festival – Images of the 21st Century, Golden Dawn: A Personal Affair di Angélique Kourounis occupa un posto tutto particolare.

Presentato nella sezione Views of The World, quella contenente film dedicati a temi di stretta attualità, è stato senza dubbio il titolo più schiettamente politico dell’intera selezione, una sorta di prosecuzione per immagini del dibattito interno alla Grecia sul ruolo, l’importanza e l’influenza sul futuro del paese di Alba Dorata. Un documentario sull’oggi dunque, un’inchiesta cine-giornalistica che ha strappato applausi e non poche risate amare al debutto nella rossa sala Olympion.

La storia del movimento di estrema destra greco è ormai ben conosciuta anche in Italia. Nato a metà anni Ottanta ma divenuto un partito organizzato solo nel 1993, Alba Dorata, dopo anni ai margini della politica nazionale, ha conosciuto a partire dal 2000 una crescita progressiva – inversamente proporzionale al declino dell’economia – culminata con il successo alle Europee del 2014, dove ha sfiorato percentuali a doppia cifra. In entrambe le elezioni nazionali del 2015, vinte da Alexis Tsipras, ha poi raggiunto il 7% dei consensi, eleggendo una ventina di deputati. Da circolo esoterico per nostalgici del Führer a terza forza politica greca, dietro a SYRIZA e a Nuova Democrazia, in appena vent’anni: un incubo per l’elettorato progressista e di centro-destra.

Angélique Kourounis, giornalista greca attiva soprattutto in Francia, mossa da sconcerto e indignazione ha deciso di dedicarsi a tempo pieno allo studio di questo fenomeno socio-politico. Con in mano una piccola videocamera, per quasi sei anni ha seguito i militanti del partito, muovendosi tra mille difficoltà da una sezione di Atene all’altra, riprendendo gli iscritti e i simpatizzanti durante le riunioni, durante le distribuzioni di cibo ai bisognosi per le strade, e poi nei comizi e nei numerosi picchetti dimostrativi. L’indagine è divenuta una questione privata.

Ne è scaturito un teso documentario dal ritmo tambureggiante, un reportage che lascia senza respiro e vagamente storditi. Alla regista, che considera la nuova estrema destra organizzata una minaccia per sé (in quanto donna di sinistra, legata sentimentalmente a un ebreo e con un figlio gay e uno anarchico) e per la democrazia, non interessano le immagini rifinite, la bella calligrafia e gli intellettuali in primo piano che disquisiscono pacatamente di teorie antropologiche. Per lei contano i fatti, la verità – quella visibile e quella che si nasconde. Di conseguenza lo stile del documentario è stato sin dall’inizio sporco, con le riprese e i pedinamenti quasi sempre improvvisati e le interviste girate tenendo la videocamera letteralmente sotto il naso dell’interlocutore.

Scopo di Golden Dawn: A Personal Affair è portare lo spettatore nelle molte zone oscure del mondo di Alba Dorata, a contatto con il pensiero degli uomini e delle donne comuni che si muovono all’ombra delle bandiere con il meandro nero. Tra slogan nazionalistici e parole d’ordine nazi-fasciste, emerge uno scenario preoccupante, dominato da degrado culturale, miseria materiale e confusione ideologica. Certo, si sghignazza nel seguire i giri elettorali della signora borghese che, dopo una vita da sostenitrice del PASOK (il partito socialista della dinastia Papandreou), è passata armi e bagagli all’estrema destra, o nell’ascoltare i tortuosi ragionamenti dell’ex militare divenuto dirigente di sezione che nega di essere nazista sfogliando una prima edizione del Mein Kampf e racconta di essersi dato al volontariato in Africa per far sì che i neri non venissero a contaminare il sangue greco. Si resta increduli, poi, di fronte alla faccia tosta dei preti ortodossi che benedicono le sedi del partito o ai simpatizzanti (bambini raggianti compresi) che fanno la coda alle adunate per un selfie con i virilissimi deputati in divisa. Ma basta la rapida ricostruzione degli episodi di violenza che hanno caratterizzato la vita pubblica greca negli ultimi anni, dai pestaggi dei giornalisti fino alla morte del rapper antifascista Pavlos Fyssas, perché ai brividi lungo la schiena segua una fastidiosa sensazione di déjà-vu. E non consola affatto pensare che, al momento, larghissima parte della società sia ancora insensibile al richiamo di Alba Dorata e al folklore sinistro dei suoi riti.

La storia, ammonisce Kourounis, con un occhio al Novecento e alla nascita dei totalitarismi, si ripete sempre con puntualità implacabile. Perché quindi al destino fascista dei paesi umiliati dovrebbe sfuggire proprio la Grecia della crisi economica senza fine, della Troika e dei rifugiati ammassati a Idomeni? Una domanda, questa, la cui risposta non può essere ricercata in un appassionato documentario di denuncia.

 

 

Postato nelle sezioni Festival con i tag .

I commenti sono chiusi.