di Juri Saitta.
Una delle sezioni più curiose e interessanti del Torino Film Festival è After Hours, uno spazio dedicato al cinema di genere, in primis all’horror e al thriller, ma anche a film parodici e affini.
Due buoni esempi di tale “filone” arrivano dall’edizione di quest’anno e consistono in The Editor e The Guest.
Ma se nel primo titolo l’intento parodico è evidente fin dall’inizio e si concentra su una cinematografia ben delineata (il thriller italiano anni ’70), nel secondo l’ironia parte sottotono per crescere di scena in scena e si muove su più generi, quali il thriller, l’action-movie e il film adolescenziale.
L’opera in questione vede come protagonista David, un reduce della guerra in Afghanistan che va a trovare in una cittadina del New Mexico i parenti di un commilitone caduto in uno scontro bellico. L’uomo fa una buona impressione a (quasi) tutti i membri della famiglia, tanto che sarà accolto e ospitato per più di qualche giorno nella loro abitazione. Dietro all’aria gentile e all’atteggiamento educato dell’ex soldato si nasconde però una persona molto pericolosa.
Nonostante il film di Adam Wingard cominci come un thriller psicologico ambientato quasi completamente in interni e incentrato sui dialoghi e su un’atmosfera piuttosto misteriosa, fin dalle prime sequenze vi sono dei segnali che indicano la sua natura parodica, come per esempio una musica extradiegetica troppo tesa per la narrazione e, dunque, fuori contesto.
Inoltre, con il proseguimento del racconto il tutto diventa sempre più forzato, eccessivo e paradossale – soprattutto per i comportamenti e le frasi di David –, palesando così la volontà (auto)ironica dell’autore, che nella seconda parte passa dalla semi-farsa del thriller alla parodia dell’action e del teen-movie.
Se il cinema d’azione è preso per i fondelli attraverso gli atti assurdi del protagonista e delle situazioni incoerenti con il resto della vicenda quali esplosioni e sparatorie, il riferimento ironico al film giovanilistico è inserito soprattutto nell’ultima sequenza, dove gli inseguimenti e gli omicidi avvengono in un luogo tipico del genere: una palestra scolastica allestita a festa per il ballo di Halloween, caratterizzata da scenografie orrorifiche/carnevalesche e da canzoni romantiche. Una location che può forse essere considerata anche come un omaggio divertito all’”horror adolescenziale”, quest’anno rappresentato a Torino da It Follow.
La sequenza citata risulta emblematica anche per l’altro intento sarcastico dell’opera: quello verso i valori e le istituzioni statunitensi.
Il film, infatti, prende di mira gli esperimenti militari, i servizi segreti, la famiglia e l’istruzione: se le strategie dei primi si riveleranno dannose e autolesioniste, l’accoglienza e il (falso) buonismo delle seconde risulteranno comicamente ingenue, ipocrite e raggirabili (si pensi al colloquio tra David e il preside incompetente).
Pur non essendo e non volendo nemmeno essere un capolavoro, The Guest risulta un film assolutamente riuscito, che non si prende mai sul serio e che dimostra ancora una volta quanto un b-movie, anche quando sarcastico e parodico, possa giocare con i generi cinematografici e riflettere sui miti e i valori di una nazione. Il tutto con un ottimo ritmo narrativo e una buona dose d’ironia.
(Juri Saitta)