di Furio Fossati.
In attesa della cinquantesima edizione del Festival, il KVIFF che si è tenuto a Karlovy Vary dal 4 al 12 luglio ha proseguito in un cammino culturale che privilegia paesi del Est e del Ovest europeo con la proposta di film spesso in prima mondiale o internazionale.
Anche quest’anno, in linea coi risultati del 2013, il successo è quantificato da numeri notevoli di persone presenti per la kermesse. 12.357 visitatori accreditati, tra cui 471 registi, 813 professionisti del cinema, e 616 giornalisti. Un totale di 127.051 biglietti sono stati venduti per 376 proiezioni di film; 210 avvenimenti, documentari e cortometraggi sono stati proiettati gratuitamente e quindi è difficile quantificare quante persone vi abbiano assistito. Tra i professionali c’erano 163 acquirenti e distributori (tra cui Officine Ubu) e 140 programmatori di festival, nonché rappresentanti dei vari enti cinematografici di 36 paesi. Le sale utilizzate sono state dodici di cui tre con oltre 1000 posti;, le proiezioni prendevano l’avvio alle 8 del mattino e l’ultima proposta iniziava alle 0,30 con la possibilità di vedere almeno sei film al giorno e partecipare anche a Conferenze Stampa e vari incontri/lezioni.
L’interesse sempre maggiore che ottengono gli incontri con gli addetti ai lavori fa sì che aumentino di numero e che richiedano spazi sempre più grandi, anche in teatri con oltre mille posti. MASTER CLASS si sono tra l’altro tenute con il ceco Jaromír Šofr sulla digitazione ed il restauro di vecchi film, con l’autore e regista indipendente indiano Anurag Kashyap, con l’americano William Friedkin. A queste si sono aggiunti i KVIFF TALK con l’ucraino Myroslav Slaboshpytskiy, col romeno Razvan Radulescu, l’italiana Valeria Golino e vari altri registi europei.
Il Karlovy Vary International Film Festival è uno dei più antichi tra quelli ancora regolarmente organizzati. Ha preso l’avvio nel 1946, con film provenienti da sette paesi e senza competizione con proiezioni che si tenevano anche a Marianske Lazne. Era stato pensato soprattutto per essere vetrina dell’industria cinematografica cecoslovacca nazionalizzata. Dopo i primi due anni il festival si è svolto definitivamente a Karlovy Vary.
Per diversi decenni, dopo che il regime comunista nel 1948 era a capo del paese, il festival era sotto stretto controllo politico. La selezione dei film, il conferimento di premi e l’invito di ospiti era legata alla propaganda comunista. Negli anni Sessanta, nel programma del festival erano finalmente presenti le ultime tendenze artistiche sia del cinema cecoslovacco che mondiale. Festival con star internazionali e film di valore mischiati ad altri pieni di retorica socialista roboante, che causò la perdita quasi completa del pubblico della manifestazione.
Nel 1994 il 29 Karlovy Vary IFF inaugura una nuova tradizione. Dopo quasi 40 anni con cui si alternava col Moscow IFF, il festival ha cominciato nuovamente ad essere organizzato con cadenza annuale.
La Fondazione Karlovy Vary Film Festival è stata istituita nel 1993, con l’apporto dal Ministero della Cultura, la città di Karlovy Vary e il Grand Hotel Pupp coinvolto anche con l’utilizzo di una sala congressi in cui avvengono proiezioni per il pubblico non professionale. L’attore Jiří Bartoska da quel momento è stato il presidente del festival, ed Eva Zaoralová è divenuta responsabile della programmazione nel 1995, ora rimasta come consulente e sostituita con grande bravura da Karel Och.
I vincitori dei vari riconoscimenti, sia scelti dalla Grand Jury all’interno della selezione ufficiale che dalle giurie delle altre varie sezioni sono stati senza sorprese, anche perché pochi titoli erano nettamente superiori agli altri.
La giuria composta da Luis Miñarro, Mira Fornay, Phedon Papamichael, Kjartan Sveinsson e Viktor Tauš ha ricevuto, durante la conferenza stampa, applausi dai giornalisti presenti.
Il Crystal Globe è andato a Simindis kundzuli (Corn Island, 2014) diretto da George Ovashvili e coprodotto da Georgia, Germania, Francia, Repubblica Ceca e Kazakhstan.
La storia è apparentemente semplice con un nonno che assieme alla nipote dodicenne costruisce una capanna e pianta il grano sopra un’isola creata dai detriti portati dal fiume. E’ un’opera quasi muta il fiume separa Georgia e Abcasia, i due protagonisti sono di quest’ultimo Stato e si trovano nel bel mezzo dello scontro fra due eserciti (siamo nei primi anni novanta e l’ Abcasia ha da poco proclamato l’indipendenza dalla Georgia). Quando nel campo trovano un soldato georgiano seriamente ferito, il vecchio non esita ad accoglierlo, curarlo e nasconderlo agli stessi militari abkhazi. E’ un film che va oltre la denuncia della ferocia e stupidità della guerra per assumere il valore di un’opera di grande valore morale.
Il Premio Speciale della giuria è stato assegnato a Szabadesés (Free Fall, 2014) diretto dal ungherese György Pálfi e coprodotto da Ungheria, Francia e Corea del Sud; gli è stato assegnato anche il premio per il migliore regista.
Siamo di fronte ad un film originale che vuole stupire, e ci riesce benissimo, raccontando varie brevi storie all’interno di un caseggiato dove l’ascensore non funziona. Il trait d’union è dato da una anziana signora che abita al penultimo piano del palazzo i cui abitanti possono rappresentare varie situazioni della società, comprese perversioni. Sale le scale, passa davanti agli appartamenti e iniziamo a conoscere questo strano mondo. Guru insegna la meditazione trascendentale, persone ad un party non si accorgono della nudità della fidanzata del padrone di casa, ginecologo specializzato nel reinserire nella vagina i bimbi appena nati, a famiglia con una mucca in casa. Schegge di follia in un film che, tutto sommato, funziona.
Migliore attrice la statunitense Elle Fanning protagonista del film Low Down di Jeff Preiss quale figlia del grande pianista jazz Joe Albany di cui condivide trionfi e crolli.
Nahuel Pérez Biscayart, dopo lunghe discussioni, è stato scelto come migliore attore protagonista per Je suis à toi (All Yours) diretto da David Lambert e coprodotto da Belgio e Canada che racconta del triangolo che si viene a creare fra agiato panettiere omosessuale, un giovane argentino fatto da lui venire dal Sud America e una donna canadese che vive sola col figlio.
Ma la sezione che qualifica il KVIFF è East of the West dove vengono presentati film di cinematografie difficili da vedere nei normali circuiti cinematografici.
E’ stato premiato Klass korrektsii (Corrections Class) del russo Ivan I. Tverdovsky coprodotto da Russia e Germania.
Racconta una storia di disagio fisico, morale, esistenziale. Diretto con bravura dal russo Ivan I. Tverdovsky, questa coproduzione realizzata coi tedeschi si sviluppa inizialmente quale commedia per poi trasformarsi in breve tempo in storia sentimentale con un finale a dire poco drammatico.
Ragazza solare, disabile e costretta su di una sedia a rotelle, dopo sei anni passati a studiare a casa con l’aiuto di Internet e della madre, si sente pronta a tornare a scuola. E’ assegnata a una classe speciale per alunni con problemi non solo fisici. Gli insegnanti non sono all’altezza del loro incarico e trattano li in maniera gretta mostrando scarso desiderio di motivare gli studenti e di aiutarli a migliorare. Si inserisce nella vita della sua classe e si innamora di bel ragazzo che da subito la mette sotto la sua ala protettiva. Ma la loro felicità non è gradita né agli insegnanti né agli altri compagni.
Menzione speciale per il durissimo Varvari (Barbarians) di Ivan Ikić coprodotto da Serbia, Montenegro e Slovenia che dimostra come il cinema possa coniugare molteplici problematiche all’interno di uno stesso raccoglitore con una costruzione narrativa semplice che permette di far interpretare se stessi molte persone utilizzate come attori in un neorealismo dallo stile più rude ma che anche ora è in grado di fare vivere problematiche vere in maniera assolutamente autentica.
Il disagio giovanile si estrinseca attraverso il mondo degli ultrà calcistici ma vi è anche il disagio politico legato a nazioni che per anni erano state unite in maniera forzosa sotto la Jugoslavia e che, sciolto questo ibrido politico, è esplosa in un mondo fatto di guerre e di mille rancori.
In una piccola cittadina vicina a Belgrado, vive con la madre un adolescente particolarmente difficile. Attraverso il destino di questo diciassettenne, il regista presenta un ritratto delle giovani generazioni che, nelle sue parole, sono il futuro in una società di valori perduti, dove la corruzione, l’immoralità, la criminalità e gli abusi di potere prosperano.
Raggiunge un alto livello di autenticità grazie alla decisione di utilizzare per la maggior parte dei ruoli persone prese dalla strada (solo tre parti sono interpretate da professionisti) che non hanno mai visto una sceneggiatura e le cui vite in molti aspetti riflettono le esperienze dei loro personaggi sullo schermo.
Nel Forum of Indipendents ha trionfato il film tedesco Anderswo (Anywhere Else) di Ester Amrami che senza dubbio ha attinto molto dalle sue esperienze e dai suoi sentimenti per inserirli nell’opera del debutto.
Racconta di ragazza israeliana trasferita da anni a Berlino per studiare che decide di tornare in patria perché non più a suo agio. Racconta delle difficoltà di mettere radici in un paese che permette la libertà di pensiero, a differenza della sua patria dove si deve rispettare la tradizione e dove ogni persona che si incontra è un possibile nemico.
Sempre tra i riconoscimenti ufficiali e statutari il Crystal Globe per eccezionale contributo artistico al cinema mondiale, il classico premio alla carriera, assegnati quest’anno a Mel Gibson ed a William Friedkin.
La giuria FIPRESCI ha scelto un film difficile ed affascinante prodotto in Lettonia con un contributo finanziario statunitense.
Rocks in My Pockets, realizzato dalla sensibile Signe Baumane in un’opera emozionante che ha scritto, disegnato, animato e diretto. E’ una storia di mistero e di redenzione basato su eventi realmente accaduti che coinvolgono le donne della famiglia della regista e di lei stessa che hanno combattuto le personali battaglie contro la follia. Il film è ricco di metafore visive, immagini surreali e di un contorto ed originale senso dell’umorismo. Si tratta di un racconto animato ricco di arte, donne, strane storie audaci, accenti lettoni, storia, natura, avventura e altro ancora.
La Giuria ecumenica ha aggiunto il suo premio al Golden Globe ottenuto da Simindis kundzuli e ha donato una menzione speciale a Rocks in My Pockets.
La giuria FEDEORA, che assegna il suo premio nella sezione East to West, ha premiato il bellissimo Bota diretto da Iris Elezi e Thomas Logoreci coprodotto da Kosovo, Albania ed Italia.
Il titolo in albanese significa ai margini del mondo ed è un caffè – ristoro situato sul bordo di una vasta area di terreno paludoso in una parte remota dell’Albania. Il caffè è il punto focale per i protagonisti di questa storia che prende spunto da una realtà poco nota: le autorità avevano spostato persone indesiderate in questo luogo in cui c’erano solo terreni paludosi, alcune case popolari e tanta miseria come una Siberia senza troppo freddo. I realizzatori hanno sapientemente sfruttano il fascino del paesaggio desolato e hanno perfettamente evocano l’atmosfera di un luogo dove il passato è ancora terribilmente presente nella vita delle persone.
Ad agosto si inizieranno i preparativi per la cinquantesima edizione del Karlovy Vary International Film Festival che, tagli sul bilancio permettendo, dovrebbe essere ancora più ricca, con la partecipazione di parecchi nomi importanti sia a livello di notorietà che per quelli più attivi nel mondo del cinema indipendente.
Come sempre, un grosso sforzo per un Festival che come offerta ha poco da invidiare ad altri più noti internazionalmente.
Furio Fossati