John Travolta ha presentato al Festival di Deauville Killing Season di Mark Steven Johnson, proposto al pubblico nella sezione Premières. La cittadina normanna ha reso omaggio all’attore dedicandogli una cabina lungo le planche, una sorta di Walk of Fame che si affaccia sull’Atlantico. Killing Season racconta una storia di odio, vendetta, espiazione e perdono che vede coinvolti due ex combattenti della guerra in Jugoslavia: un serbo, Travolta, e un soldato americano dell’ONU, De Niro. Entrambi hanno messo le loro vite in stand by per diciotto anni, uno in attesa della sua vendetta, l’altro per espiare la sua colpa. Il serbo vive a Belgrado aspettando di ottenere le informazioni che gli consentiranno di localizzare la sua preda e quando finalmente le ottiene dà inizio alla battuta di caccia. Inverosimilmente indistruttibili, come possono esserlo soltanto le automobili americane durante un inseguimento, i due nemici si incontrano e si scontrano scambiandosi crudeltà di ogni tipo sulle montagne Appalachi. Non lo si direbbe ma si tratta di un film pacifista. Inizia dove Il cacciatore di Cimino finisce: De Niro tiene sotto tiro un cervo ma non ha più il coraggio di colpirlo. Travolta, durante l’incontro con i giornalisti, ha raccontato di aver trascorso alcuni mesi in Croazia, in Serbia e in Bosnia parlando con ex soldati per cercare di capire le loro ragioni e il perché delle atrocità commesse in guerra. Per tutta la durata delle riprese due coach, un croato e un serbo, lo hanno aiutato a calarsi nel ruolo di soldato. Non dubitiamo della serietà del suo impegno. Travolta è una persona molto simpatica, a Deauville ha dimostrato una gentilezza ed una disponibilità che il pubblico e i giornalisti non si aspettavano. Proviamo per lui una straordinaria ammirazione quando lo ricordiamo nei panni di Jack Terry o in quelli di Vincent Vega, ma come soldato serbo non ci è sembrato credibile: troppa crudeltà e troppa predisposizione al perdono ma soprattutto troppa enfasi recitativa. Una ipotetica società per la protezione dei serbi, potrebbe esprimere qualche lamentela. Pur trattandosi di una produzione europea oltre che americana, lo spirito del film è decisamente hollywoodiano.
Antonella Pina