Night Moves è il nome della barca che tre ecologisti radicali riempiono di esplosivo per far saltare il muro di contenimento di una diga idroelettrica. Sono Josh (Jesse Eisenberg), Dena (Dakota Fanning) e Harmon (Peter Sarsgaard). Sono giovani, due di loro molto giovani, vengono da classi sociali diverse e da diverse esperienze di vita. Consapevoli del fatto che il consumismo sfrenato sta distruggendo il pianeta, tentano di cambiare il corso della Storia. Il giusto agire quotidiano non basta occorre scuotere le coscienze, portare l’attenzione di tutti sul problema: un’azione eclatante, dimostrativa, esplosiva. L’azione riesce ma con conseguenze drammatiche impreviste. Le sensibilità individuali sono diverse e diverse le capacità di reazione. Harmon è stato un marines e la sua coscienza regge, quella di Dena precipita nel buio così come quella di Josh ed è su di lui che si concentra lo sguardo della Reichardt. Josh è una persona taciturna ed introversa con scarse capacità relazionali, quando Dena viene travolta dal senso di colpa, lui reagisce, l’istinto di conservazione vince. Le esigenze del pianeta svaniscono, ora è lui l’unico animale che deve sopravvivere. E sopravviverà. Night Moves ha l’incedere di un thriller, ha ritmo e suspense e funziona bene fino al momento in cui Josh/Eisenberg diventa il cuore del film, fino a quando il precipitare confuso della sua coscienza sembra trasferirsi al ritmo ed alla direzione del film.
Il Premio della Giuria è andato, ex aequo, a All is Lost di J.C.Chandor e a Stand Clear of the Closing Doors di Sam Fleischner. All is Lost, già presentato fuori concorso al Festival di Cannes, ha come unico protagonista Robert Redford che, a bordo di una barca a vela di dodici metri, sta attraversando in solitario l’Oceano Pacifico. E’ la storia di un uomo non più giovane – Redford non finge di essere qualcosa di diverso da ciò che è e quindi si tratta di un uomo di 76 anni – che con puntigliosità, invidiabile ottimismo e autocontrollo, affronta un’impresa non proprio alla portata di tutti. Autocontrollo che perde soltanto una volta e soltanto per pochi secondi durante i 106 minuti della durata del film e che gli consente di farsi la barba e medicarsi una piccola ferita sulla fronte mentre la sua barca rischia di affondare. La bravura di Chandor è indubbia dal momento che riesce a tenere lo spettatore sotto tensione per tutta la durata del film. Anche Redford è bravo perché la spontaneità della sua interpretazione conferisce realtà ad un personaggio altrimenti piuttosto improbabile. Tutto sembra funzionare bene, a meno che non sappiate condurre una barca a vela, perché in questo caso la superficialità di alcuni comportamenti di Redford renderà piuttosto difficile il vostro abituale esercizio di sospensione dell’incredulità. In quel di Deauville, dove molti conoscono la vela, trattandosi di una cittadina sferzata dai venti dell’Atlantico, è stato aggiunto un sottotitolo al film: All is Lost, ovvero: tutto quello che è necessario fare per riuscire a perdere la vostra barca. Pur trattandosi di un film indipendente, il finale è decisamente hollywoodiano.
Stand Clear of the Closing Doors, l’opera seconda di Sam Fleischner, racconta un altro viaggio in solitario e ugualmente pieno di pericoli, non nel cuore del Pacifico ma nella metropolitana di NYC. E’ la storia di Ricky, un tredicenne autistico di Rockaway Beach, nel Queens, e di sua madre Catalina, un’immigrata messicana. Ricky ha un’intelligenza particolare, autistica, capisce i computer e disegna draghi fantastici ma non riesce ad orinare dentro il water. E’ un disadattato e lo è soprattutto nell’ambiente scolastico. Un giorno, per sottrarsi al protettivo controllo della madre, si rifugia nei sotterranei della metropolitana. Catalina, già tormentata da molti problemi economici ed affettivi, lo cerca disperatamente in superfice. Due mondi separati, ugualmente difficili, uniti dall’insopprimibile desiderio di stabilire un contatto, di riuscire a comprendersi. Il tutto mentre l’uragano Sandy sta per abbattersi sulla città.
Il pubblico di Deauville e la giuria del Premio Rivelazione Cartier, presieduta da Valérie Donzelli, hanno invece premiato Fruitvale Station di Ryan Coogler, già vincitore al Festival di Cannes del Premio Avenir nella sezione Un Certain Regard e del Premio della giuria al Sundance Film Festival. Il film racconta un fatto realmente accaduto: la storia di Oscar Grant, un ragazzo nero di 22 anni fermato, ammanettato e poi ucciso dalla polizia alla stazione di Fruitvale, vicino a San Francisco, la mattina del primo gennaio 2009. L’episodio aveva provocato una certa tensione nella Bay Area e scosso l’intero Paese. Alcuni passeggeri ripresero la scena con i cellulari e il poliziotto venne condannato. Coogler, nel raccontare l’ultimo giorno della vita di Grant, ha voluto mostrare al mondo l’essere umano dietro la notizia: i suoi errori, gli affetti, le speranze: “..volevo che le persone, anche coloro che non appartengono alla comunità nera di Oakland, potessero vedere un po’ di loro stesse in questo ragazzo. Non volevo che la sua morte restasse anonima così come lo era stata la sua vita”. L’operazione è riuscita. Il film funziona, grazie anche all’interpretazione di Michael B. Jordan e del premio Oscar Octavia Spencer e nonostante il forte coinvolgimento emotivo del regista.
Antonella Pina