L’uomo dal guanto grigio

 
Penultimo atto di Giovane canaglia, la rassegna sul noir italiano organizzata dalla cineteca D.W. Griffith.

La proiezione delle 18 è La mano dello straniero di Mario Soldati (uscito nel 1953). Roger Cout, giovinetto inglese di sette anni, arriva a Venezia per raggiungere il padre, ufficiale del controspionaggio in servizio a Trieste. Quest’ultimo viene rapito. Roger viene preso in custodia da un’impiegata dell’hotel nel quale risiede, da un marinaio statunitense ed un guardiano di gondole. Il terzetto lo aiuterà anche nella ricerca del genitore scomparso, sollecitando l’intervento delle forze di polizia. I sospetti si moltiplicano e si infittiscono, le rivelazioni si inseguono sino ad arrivare al finale mozzafiato a bordo di una sospetta nave straniera attraccata al porto di Venezia.

Il film è ottimo: l’intreccio un poco confuso, ma l’ambientazione suggestiva. Da un soggetto di Graham Greene (The Stranger’s Hand, per l’appunto), rielaborato in seguito da Guy Elmes e dal celebre romanziere bolognese Giorgio Bassani, autore de Gli occhiali d’oro e Il giardino dei Finzi-Contini.

Alle 20:30 è servito il piatto forte della serata, nonché uno dei più stuzzicanti dell’intera rassegna: L’uomo dal guanto grigio di Camillo Mastrocinque, la cui distribuzione nei cinematografi risale addirittura al 1949.

Un celebre quadro di Antonello da Messina viene affidato alle cure di un anziano restauratore. Al momento dell’esposizione, però, il brillante ed influente critico d’arte Claudio Drago scopre che non si tratta dell’originale, ma di una riuscitissima copia. Anna, giovane pittrice, si prende il “merito” del falso: è stato il restauratore, suo mentore, a suggerirne la realizzazione. La polizia va per interrogarlo, ma si trova di fronte al suo cadavere: apparente suicidio, per mezzo di una dose di veleno.

Lo studio/abitazione dell’artista viene affittato a un tenore di belle speranze, Silvio. Tra questi e Anna sboccia la passione, nonostante la gelosia di Max, già accompagnatore ufficiale della bella decoratrice. Anche stavolta il delitto fa capolino: è appunto Max a trovare la morte, ucciso con un pugnale che Drago aveva regalato ad Anna. Gli investigatori sospettano dei due amanti…

Siamo alle battute risolutive. Anna scopre che dietro alla sparizione ed agli assassinii – anche quello del restauratore si rivela tale – c’è esattamente Claudio Drago, in realtà folle criminale che ricorre al delitto pur di impossessarsi dei tesori dell’arte. L’ultima malefatta del critico sarebbe lo strangolamento della stessa Anna: la polizia fa però irruzione nella sua abitazione e lo fredda a colpi di pistola.

La storia è originale, intensa ed intrigante; l’ambientazione affascinante e lo sfoggio di stile notevole, da grande noir all’europea.

Personaggi per nulla stereotipati. Finalmente. Bene gli attori (tra i quali spicca, per simpatia e baldanza, il tenore fiorentino Mario Del Monaco), capaci di fornire interpretazioni verosimili, poco appariscenti e mai pletoriche. Si potrebbe quasi dire – domandando in anticipo indulgenza – “moderne”.

Tra leggere arie d’opera ed invidiabili pinacoteche private, assistiamo ammaliati ai delitti dell’arte, alle avventure degli artisti ed all’ossessione degli appassionati: un sentiero poco battuto che conduce ad un film di pregevolissima fattura. Calorosamente consigliato.

Lunedì prossimo, 22 aprile, si svolgerà l’ultimo appuntamento della rassegna: in programma Tombolo, paradiso nero (Giorgio Ferroni, 1947) e La pantera nera (Domenico Gambino, 1941).

Buon cinema a tutti.

Matteo Faccio

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