Danièle Mazet-Delpeuch è una “cuoca atipica e talentuosa” – come recita il retro di copertina del suo libro, Carnets de Cuisine. Du Périgord à l’Elysé – la cui famiglia ha profonde radici nel Périgord, dipartimento della Dordogna: terra di tradizioni gastronomiche tra le più raffinate di Francia, trionfo di tartufi, foie gras, fragole e vino. Un luogo dove la gente conosce lo stretto legame tra la genuinità dei prodotti e i delicati piaceri dell’arte culinaria, ed ama le cose che vengono da qualche parte: le carote della valle della Loira, “i polli di Mme Neuville a Pazayac”, il bleu dell’Auvergne e così all’infinito, in un infinito viaggiare.
Mme Delpeuch, cuoca sì di talento ma senza alcuna notorietà, raffinata eppure fortemente legata alla cucina tradizionale e in particolare a quella del suo territorio, alla fine dell’estate del 1988 viene inaspettatamente convocata all’Eliseo: “il Presidente della Repubblica cerca una cuoca di campagna per la sua cucina personale”. Così la Delpeuch sarà per due anni la cuoca di François e Danielle Mitterand, chiamata per esaudire un desiderio del Presidente: “Se cucinerete come cucinava mia nonna, io sarò soddisfatto”.
L’esperienza è stata entusiasmante, oscurata soltanto da alcune incomprensioni con Mme Danielle e, soprattutto, dall’ostilità dello staff, tutto al maschile, della Cucina ufficiale del Palazzo, ostilità che è andata trasformandosi in guerra dichiarata e feroce fino ad arrivare ad accuse di furto di prodotti alimentari. Per questa ragione, nonostante la piena fiducia mostratale dal Presidente, la Delpeuch decide di lasciare l’Eliseo prima che il suo incarico giunga al termine.
Dopo anni di ostinato silenzio sull’intera vicenda, nel 2008 rilascia un’intervista al quotidiano Le Monde. L’articolo è semplice e con un titolo diretto: La cuoca di Mitterand. Leggendolo il produttore Étienne Comar decide di realizzare un film su questa singolare vicenda: Les Saveurs du Palais (La cuoca del Presidente). Parallelamente, Mme Delpeuch ne mette per iscritto il soggetto che amplierà traendone un libro.
Il film, uscito in Francia nel settembre 2012 e a marzo nelle sale italiane, è diretto da Christian Vincent e ha come interpreti Catherine Frot, nei panni di Hortense, ovvero Mme Delpeuch, e Jean d’Ormesson, letterato francese, conosciuto come Jean d’O conte d’Ormesson, nei panni del Presidente. Vincent ripercorre fedelmente l’avventura della cuoca del Périgord a Palazzo sorvolando elegantemente su alcune sgradevolezze e utilizzando un Presidente astratto e quindi non riconoscibile. Il risultato è un film molto garbato e molto francese, la cui visione è assolutamente raccomandata a tutti coloro che siano gourmet o anche soltanto gourmand.
Tra le ricette presentate vi proponiamo il debutto di Mme Delpeuch all’Eliseo: il cavolo farcito al salmone.
Per sei persone: prendete un salmone di circa 2 chili, sfilettatelo, mettete la testa e le lische a cuocere in 4 litri d’acqua fredda con un bouquet garni. Fate bollire per 15 minuti e poi filtrate il brodo che dovrà essere molto chiaro. Tagliate i filetti in trance dello spessore di circa 1 cm, salatele e pepatele. Prendete un cavolo verza e mettetelo intero nell’acqua bollente per tre minuti, poi passatelo sotto l’acqua fredda e immergetelo nuovamente nell’acqua bollente per altri tre minuti. Staccate le foglie più grandi e più belle lasciandole intere. Adagiate una “étamine” – panno bianco da cucina usato anche per filtrare – sopra uno scolapasta e iniziate a stendere uniformemente le foglie del cavolo, poi sovrapponete uno strato di trance di salmone, poi ancora cavolo e ancora salmone fino ad esaurimento, terminando con un doppio strato di cavolo. Sollevate i lembi del panno e chiudetelo in alto ben stretto con uno spago da cucina in modo che si formi una palla. Immergetelo nel brodo di pesce bollente e lasciate cuocere per 15 minuti. Tagliate il cavolo farcito in fette verticali come fosse una torta e servitelo con carote della valle della Loira tagliate a rondelle e cotte con cipolla e grasso d’oca. Se non risultasse semplice procurarvi le carote della Loira oppure il grasso d’oca, vi consentiamo di utilizzare le carote del vostro orto cotte con burro e olio extravergine di oliva.
Restiamo in Dordogna e, in onore di Cirano, abbiniamo un bianco di Bergerac.
Antonella Pina