Il film collettivo Water (Acqua) ha inaugurato come evento speciale la ventisettesima edizione della Settimana della Critica a Venezia. Sette cortometraggi nati da un importante progetto dell’Università di Tel Aviv, che ha voluto coinvolgere registi e attori israeliani e palestinesi in un lavoro comune. Il tema dell’acqua è poetico, “ma nei territori israelo-palestinesi assume una valenza drammaticamente politica”, ha spiegato nell’incontro con la stampa Yael Perlov, docente universitaria e direttrice artistica dell’iniziativa. Perché il controllo delle falde acquifere è uno dei mezzi più potenti utilizzati nel conflitto senza fine che dilania quei territori.
Water abbraccia diversi Generi: il dramma sociale, il documentario, il comico, il romantico. In Still Waters di Nir Sa’ar e Maya Sarfaty, una giovane coppia di Tel Aviv si trova improvvisamente circondata da un gruppo di lavoratori palestinesi che, come loro, cercano ristoro presso una fonte isolata: dopo l’iniziale imbarazzo, l’atmosfera si fa tesa. The Water Seller, di Mohammad Fuad, documenta la giornata di un venditore d’acqua palestinese che rifornisce i serbatoi di una zona di Betlemme controllata dai coloni. Un soldato israeliano in pieno esaurimento nervoso e un contadino palestinese arrestato dopo aver violato il coprifuoco stringono una comica amicizia in Raz e Raja, di Yona Rozenkier. Un famoso attore palestinese e i suoi due figli creano un rapporto di solidarietà con l’anziana vicina di casa sopravvissuta ai campi di sterminio in Eye Drops, di Mohammad Bakri (l’unico nome già noto tra i partecipanti al progetto). Kareem’s Pool dà voce al racconto in prima persona di un anziano arabo che ha vissuto buona parte della vita in America; tornato a casa, gestisce una piscina frequentata da famiglie palestinesi ma anche da israeliani che, presentandosi armati, pretendono di entrare senza pagare (il tutto è documentato da una telecamera nascosta). In Drops, di Pini Tavger, un soldato israeliano che non vuole partecipare alle esercitazioni militari rivive in flash back un momento della sua infanzia. Infine in Now and Forever, di Tal Haring, sembra nascere un feeling tra una giovane ebrea ortodossa, disperata per l’imminente matrimonio combinato, ed un idraulico arabo.
I diversi punti di vista sullo stesso problema producono esiti artistici altalenanti (i due documentari spiccano in mezzo a sceneggiature poco incisive), ma il merito di Water sta essenzialmente nell’aver creato una collaborazione creativa in grado di abbattere le barriere. “Sappiamo che è solo un piccolo passo”, ha detto la Perlov, “ma è un piccolo passo pieno di speranza per il futuro”.
Prodotto dall’Università di Tel Aviv e dalla francese Tu Vas Voir (I Diari della Motocicletta), ora Water ha bisogno di trovare una distribuzione adeguata. Non solo all’estero: “mi piacerebbe che in Israele un film come questo potesse essere proiettato anche al di fuori delle piccole sale d’essai, darebbe maggiore forza all’intero progetto”, ha concluso la Perlov.
(di Maria Francesca Genovese)