Cinque statuette al trionfatore The artist, cinque al rivale sconfitto Hugo Cabret, una morale inevitabile: agli Oscar 2012 hanno vinto l’Europa, il fascino d’inizio ‘900, il lungo ponte storico tra Parigi e Hollywood che sta alle origini del cinema. Mai come quest’anno l’Academy ha guardato al passato per premiare il presente, disinteressandosi forse del futuro.
The Artist è il film francese che celebra la Hollywood del cinema muto, Hugo Cabret è il film americano che riscopre Méliès, le origini francesi della settima arte, l’idea del cinema come spettacolo fantasioso e imprevedibile ma anche come dedizione assoluta di vita. E l’Oscar alla sceneggiatura di Midnight in Paris premia la cultura newyorkese che rievoca il mito della Lost Generation americana tra rive gauche e Montmartre…
Accademia? Nostalgia? Estetismo? Le accuse si sono sprecate, perché The Artist è lo spettacolo ingegnoso e smaliziato, l’esercizio di artigianato brillante che non piace ai cinefili duri e puri: l’insofferenza era partita già dal festival di Cannes, ma ancora una volta Hollywood si è semplicemente schierata dalla parte del pubblico, dell’estro spettacolare, della capacità di sorprendere lo spettatore. Nonostante tutto, The Artist resta essenzialmente un gioco, senza ricatti estetizzanti o pretese metalinguistiche: un gioco perfettamente riuscito, ma senz’altra ambizione al di là dello sperimentare meccanismi comici all’interno di un sistema di convenzioni forti su cui poter sorridere.
E gli sconfitti? Anche quest’anno il cinema di regia, l’ambizione autoriale, la ricerca linguistica. Tutte cose che agli Oscar sono sempre contate poco, perché si tratta di un’industria che celebra se stessa e le proprie capacità professionali. La trovata esteriore, l’invenzione di facile impatto, l’illusoria verniciatura culturale, il virtuosismo mimetico dell’attore hanno sempre avuto più peso. John Ford non ha mai vinto con i suoi grandi western, Hitchcock non ha mai vinto con i suoi grandi thriller. Ma, almeno, stavolta ci sono stati risparmiati i contenuti pomposi, i Grandi Temi trattati in modo pompieristico. E tra i film stranieri è stato premiato l’ottimo Una separazione: magari ha vinto solo perché
si tratta di una produzione iraniana critica verso il regime, ma facciamo finta di niente e festeggiamo il riconoscimento di un gran bel film.
Gli italiani
Ormai è un’abitudine: con le splendide scenografie parigine di Hugo Cabret, gli italiani Dante Ferretti e Francesca Lo Schiavo hanno vinto il loro terzo Oscar, dopo quelli già ottenuti per The Aviator (2005) e Sweeney Todd (2008). Non ce l’ha fatta invece il giovane genovese Enrico Cimarosa (La luna) nella categoria corti d’animazione: ma la nomination, alla sua età, è già un grande successo.
Gli sconfitti
Terrence Malick, il trionfatore di Cannes, è uscito completamente a mani vuote. Zero statuette al suo The Tree of Life, ma nessun premio nemmeno a L’arte di vincere e War Horse di Spielberg.
La diva
Il grande esercizio mimetico da star ha funzionato anche quest’anno: dopo il Colin Firth balbuziente del 2011, questa volta ha vinto l’imitazione di mrs. Thatcher fornita da Meryl Streep in The Iron Lady.
La sorpresa
La sua torta speciale e i suoi occhi sgranati hanno avuto effetto: dopo quindici anni di carriera senza premi, Octavia Spencer, classe 1972, ha vinto tutto grazie al ruolo di Minny in The Help.
Il grande vecchio
A 82 anni suonati, vince il suo primo Oscar Christopher Plummer, attore di vecchia scuola teatrale shakespeariana, sempre ignorato dall’Academy.
A portarlo alla vittoria, il film Beginners di Mike Mills.
I vincitori
Miglior film: The Artist
Miglior Regia: Michel Hazanavicius (The Artist)
Miglior Attore Protagonista: Jean Dujardin (The Artist)
Miglior Attrice Protagonista: Meryl Streep (The Iron Lady)
Miglior Attore Non Protagonista: Christopher Plummer (Beginners)
Miglior Attrice Non Protagonista: Octavia Spencer (The Help)
Miglior Film Straniero: Una separazione di Ashgar Farhadi
Miglior Sceneggiatura Originale: Woody Allen (Midnight in Paris)
Miglior Sceneggiatura Non Originale: Alexander Payne (Paradiso amaro)
Miglior Film D’Animazione: Rango di Gore Verbinski
Miglior Documentario: Undefeated di Daniel Lindsay, T.J. Martin e Rich Middlemas
Miglior Fotografia: Robert Richardson (Hugo Cabret)
Miglior Montaggio: Kirk Baxter e Angus Wall (Millennium Uomini che odiano le donne)
Miglior Scenografia: Dante Ferretti e Francesca Lo Schiavo (Hugo Cabret)
Migliori costumi: Mark Bridges (The Artist)
Miglior Colonna Sonora: Ludovic Bource (The Artist)
Miglior Canzone Originale: Man or Muppet di Bret McKenzie (I Muppet)
Migliori Effetti Speciali: Hugo Cabret – Robert Legato, Joss Williams, Ben Grossmann e Alex Henning
Miglior Missaggio Sonoro: Tom Fleischman e John Midgley – Hugo Cabret
Miglior Montaggio Sonoro: Philip Stocton e Eugene Gearty – Hugo Cabret
Miglior Trucco: Mark Coulier e J. Roy Helland – The Iron Lady
Miglior Cortometraggio d’Animazione: The Fantastic Flying Books of Mr. Morris Lessmore di William Joyce e Brendon Oldenburg
Miglior Documentario Corto: Saving Face di Daniel Jungle e Sharmeen Obaid-Chinoy
Miglior Cortometraggio: The Shore di Terry e Oorlagh George