In principio The Help era solo il libro di Kathryn Stockett uscito nel 2009, un romanzo con alcuni elementi biografici riguardanti l’autrice, cresciuta a Jackson, nello stato del Mississippi, dove la nonna aveva come domestica Demetrie, una donna di colore. Il libro, inizialmente rifiutato da molte case editrici, è diventato un best seller. Nel 2011 Tate Taylor ne ha tratto un film che, ottenendo quattro nomination agli Oscar, ne ha consolidato il successo. The help è “l’aiuto” per la padrona di casa, una domestica tuttofare con mansioni di cameriera, cuoca e bambinaia. Siamo nei primi anni ’60. John Fitzgerald Kennedy è Presidente, il reverendo King ha un sogno, Barack Hussein Obama nasce ad Honolulu, ma nel sud degli Stati Uniti la segregazione razziale è ancora una rassicurante certezza. Sono in molti a Jackson a pensare che esista una “differenza fisica tra la razza bianca e nera che impedirà per sempre una convivenza in termini di parità sociale e politica”, per usare le garbate parole di Lincoln. Le domestiche di colore vengono pagate poco, sono prive di ogni diritto e hanno l’obbligo di usare un bagno separato da quello dei bianchi perché le si immagina portatrici di malattie terribili. Lavano, rassettano, cucinano e si occupano dei bambini che, non informati dell’artificio che distingue e separa i bianchi dai neri, adorano le loro tate colorate, almeno fino al momento in cui molti di loro, crescendo, prendono ad assomigliare ai genitori.
Molti, ma non la Stockett né Eugenia Skeeter Phelan/Emma Stone alter ego della scrittrice. La giovane e ribelle neolaureata ha avuto una tata nera, Constantine, che ha continuato ad amare. E’ consapevole delle terribili condizioni di vita dei neri di Jackson e decide di dare il suo contributo alla loro causa. Raccoglie le testimonianze delle domestiche di colore e le pubblica in un libro. Il gesto richiede molto coraggio, soprattutto da parte delle domestiche, ma in un film tutto è possibile, soprattutto quando, pur mostrando una realtà drammatica, decide di mantenere il tocco leggero della commedia. In Mississippi Burning non sarebbe potuto accadere. Per il suo progetto Skeeter si avvale dell’aiuto di Aibileen Clark/Viola Davis e Minny Jackson/Octavia Spencer, le due domestiche di colore protagoniste della storia. Aibileen è specializzata nel crescere bambini bianchi, mentre Minny è un’ottima cuoca – proverbiali il suo pollo fritto, reso particolarmente croccante dall’utilizzo dello strutto, e la torta di cioccolato – e nonostante debba subire, oltre ai consueti soprusi, anche la violenza del marito, fa mostra di una grande dignità e perfino di una certa verve. Si tratta di un film che ha un dichiarato intento educativo e sarebbe molto “politicamente corretto” se non fosse per la sfrontatezza di Minny. Licenziata dall’odiosa padrona per aver usato il bagno di casa, si vendica confezionandole una delle sue torte di cioccolato a cui aggiunge un ingrediente speciale che, per ragioni estetiche, tralasciamo di citare. I lettori interessati alla ricetta, che hanno un conto in sospeso con qualcuno, potranno sempre andare a vedere il film, nel caso non lo abbiano ancora fatto. Noi ci limiteremo a cucinare un dolce innocuo, una sorta di crostata con mousse al cioccolato che avrà soltanto una vaga somiglianza con la torta di Minny che comunque prevede una base e, sovrapposto e separato, un impasto al cioccolato.
Per la base: lavorate 150 g di farina con 100 g di burro, 50 g di zucchero, un tuorlo, una bustina di lievito per dolci e, se serve, un po’ d’acqua. Stendete la pasta in uno stampo a cerniera di 22 cm – precedentemente imburrato – tenendola sollevata lungo il bordo, bucherellatela, coprite con carta da forno e legumi secchi e fate cuocere a 180° per 20 minuti. Poi fate raffreddare. Per la crema: portate ad ebollizione 1.5 dl di panna e 1.5 dl di latte incorporandovi 200 g di cioccolato fondente e due uova precedentemente sbattute. Versate la crema sulla base e rimettete in forno a 180° per 15 minuti. Servite le fette di torta con un cucchiaio di panna fresca montata. Con il cuore sgombro da impulsi vendicativi, aggiungiamo un tocco di poesia e abbiniamo un Aleatico dell’Isola di Capraia.
(di Antonella Pina)