Prevedibile, previsto e ampiamente confermato: ciò che funziona in TV perché sfrutta la forza devastante della gag compressa in un massimo di 4 minuti, se trasferito al cinema e diluito in un’ora e mezza di brandelli eterogenei, non ha capacità di reggere l’impatto e ogni effetto comico svanisce.
Come già accaduto in molti casi analoghi del passato recente e remoto (l’ultimo in ordine di tempo il semi-flop di “Boris“), anche alla serie di culto lanciata da MTV e poi divenuta cult presso gli adolescenti grazie al tam tam di Youtube tocca fare i conti con questa disequazione di carattere cinematografico. Il duo Mandelli/Biggio, da tre anni paladini di una comicità volutamente caciarona che cerca di mettere alla berlina il peggio dei difetti nostrani usandoli come arieti dissacratori, ha cercato di fare il grande salto del passaggio al grande schermo ritagliando intorno alle loro macchiette di maggiore successo una trama puramente pretestuosa capace di offrire nicchie narrative per ospitarle tutte in un’ipotesi di affresco corale. Il risultato è però lo stesso di molte operazioni simili: le gag fanno ridere se scollegate dall’insieme, ma il film nel suo complesso ha il fiato corto proprio perché alla fine riesce solo a far rimpiangere la brevità bruciante degli sketch in TV. Peccato perché quella de “I soliti idioti” resta ed è una delle più acute e riuscite forme di sociologia fatta “dal basso” usando come mezzi dell’analisi gli oggetti stessi di ciò che viene preso in esame.
(di Guido Reverdito)
I SOLITI IDIOTI
Italia, 2011 di Enrico Lando, con Francesco Mandelli, Fabrizio Biggio