di Renato Venturelli.
Una ragazza vistosa s’aggira a bordo della transiberiana Mosca-Pechino, agganciando ricchi passeggeri e segnalando i loro scompartimenti: quando il convoglio viene assalito dai suoi complici, i rapinatori possono così muoversi a colpo sicuro, andando a derubare le persone che lei ha indicato…
Dopo il rallentamento dovuto alla pandemia, Herman Yau ha ripreso a lavorare al ritmo di tre o quattro film all’anno, trasportando nelle produzioni continentali cinesi le formule collaudate dell’action di Hong Kong. E con “Moscow Mission” realizza un film di debordante dinamismo, dove l’azione è sempre e comunque strettamente connessa ai personaggi e alla vicenda, imponendosi anche per varietà e inventiva di set e situazioni.
In questo caso siamo anche sul terreno del police procedural, con la polizia cinese che si mette immediatamente in contatto con quella russa per sgominare la banda che imperversa nel tratto in cui i treni attraversano una zona non protetta della Mongolia. Ad un certo punto l’intreccio si fa anche fin troppo elaborato, ma sempre innervato in grandi scene d’azione che scelgono in molti casi ambienti ad effetto. Un’ampia parte del film finisce così per essere ambientata nella parte più profonda e a suo modo spettacolare delle fogne di Mosca, tra corse in moto nei fondali, dove i criminali cercano di intercettare i trasferimenti illegali all’estero. E una delle scene culminanti si svolge in uno scalo ferroviario dove i convogli ferroviari vengono adattati al diverso scartamento dei binari: sequenze eccezionali per dinamismo e orchestrazione coreografica, ma anche per l’originalità dell’ambiente in cui si svolgono, con i treni pesantemente sospesi al di sopra delle rotaie. Da un caso autentico del 1993, quello delle rapine alla transiberiana già oggetto di attenzione in altri film, ma dove gli avvenimenti reali vengono stravolti e reinventati. Con un gran cast: Hanyu Zhang poliziotto, Huang Xuan capogang, Andy Lau co-produttore che interpreta anche il ruolo di un trafficante; e con un tranquillo spettatore che si ritrova con la testa spaccata per aver semplicemente osato chiedere a un vicino di tacere durante un concerto.