di Gianmarco Cilento.
Ho condiviso mesi bellissimi lavorando al fianco di Adriano Aprà per la stesura di un libro su Ettore Petrolini curato da me, e che gli sarà d’obbligo dedicato. Nel volume decise di occuparsi del film “Nerone” (1930) di Alessandro Blasetti che, come molti appassionati sapranno, contiene alcuni sketch molto importanti del repertorio petroliniano (Gastone, Fortunello oltre che il personaggio che dà il titolo alla pellicola) e che oggi non è – sfortunatamente – sopravvissuto per intero. Ma io e Adriano non ci siamo dati per vinti e, mettendoci alla ricerca della versione integrale, abbiamo recuperato parte delle sequenze considerate perse in uno stock della Cineteca del Friuli. Sono molto orgoglioso di aver condiviso con uno studioso come lui questa caccia al tesoro, questa scoperta di grandissima importanza. Speravo di riuscire a recuperare tutti i restanti minuti mancanti del film ancora con lui. Dovrò accontentarmi di farlo da solo, senza che Adriano possa vederli. Pazienza.
Nonostante gli anni, Adriano viveva ogni giorno con l’entusiasmo di un giovanotto e non rinunciava a nulla; sembrava votato all’immortalità, e invece ci ha lasciati il 15 aprile, dopo aver combattuto con alcuni problemi respiratori e cardiaci in un ospedale romano. Ricorderò con gioia le nostre chiacchierate per telefono e e-mail, ma soprattutto quel lungo pomeriggio di febbraio dell’anno scorso quando lavorammo al pezzo sopracitato. Adriano accoglieva con estrema delicatezza le mie ossessive puntualizzazioni al grido “ne sai una più del diavolo”. Perché Aprà era così; amava il contatto con i giovani, non era un conservatore legato alla sua generazione, e forse era proprio questo suo aspetto a fare la differenza con gli altri studiosi “senior” della sua età.
Posso dire che caratterialmente condividevamo molte cose: la mania di scambiarci a vicenda film molto rari – specialmente quelli italiani degli anni trenta e quaranta – e quella di spaziare su qualsiasi campo di ricerca. Entrambi onnivori di cinema di tutti i paesi, ci somigliavamo in questa intensa ma mai bulimica fame di settima arte. Classe 1940, romano cosmopolita e mai dialettale, Aprà ha fatto scuola a intere generazioni di critici, professori, ricercatori di pellicole e appassionati. Merito suo sono i successi di numerosi Festival, da Pesaro a Salsomaggiore, per arrivare all’ultimo Fuori Norma, uno dei migliori spazi dedicati al cinema indipendente degli ultimi anni nella nostra penisola.
Sono davvero contento di essere stato tra i suoi “allievi”. Fiero di essere amico anche di sua moglie Stefania Parigi, persona preziosa e di inarrivabile simpatia. Per contro qualcuno lo considerava scorbutico, difficile, burbero. Credo che non sia affatto vero. Semplicemente gli piaceva difendere le sue ragioni, la sua preparazione e il suo punto di vista. Ed era semplicemente onesto. Adriano era così; diretto, caustico e intellettualmente incompromettibile. Cosa ormai rara, in una galassia di critici, docenti e “cultori della materia” sempre più affollata e per certi versi discutibile.
La differenza è che Adriano non apparteneva a nessuna casta. Per questo voleva sempre al suo fianco, per l’appunto, tantissimi giovani e tante nuove persone. Credeva nel nuovo, nel futuro. Ma la cosa più sorprendente è che, per quanto sia stato il simbolo di un’epoca di “giovane critica” (quella a cavallo tra gli anni Sessanta e Settanta), non era un nostalgico. Forse consapevole che difendere la memoria del passato non vuol dire vivere pateticamente di ricordi e di nostalgia. Il mio auspicio è che tutto quello che ha fatto rimanga come eterna lezione per tutti i colleghi studiosi di cinema. E non solo per quelli che hanno avuto la fortuna di conoscerlo.