di Oreste De Fornari.
In un’ideale antologia dei codici più o meno segreti con cui il cinema americano dell’età classica alludeva all’atto sessuale, accanto ai cult del noir, come Le catene della colpa o Il grande sonno (D.Malone che appende il cartello closed alla porta della libreria per restare sola con Bogart) un posto di riguardo spetta all’Altalena di velluto rosso di Richard Fleischer, dove al minuto 38 Ray Milland, un maturo fascinoso architetto di inizio Novecento, spinge la sua giovane protetta Joan Collins sempre più forte, sempre più in alto (“Arriva alla luna”). Poi, di colpo, stacco, la stanza è vuota, l’altalena si è fermata, evidentemente è passato del tempo, i due sono fuori campo, a fare cose che non si possono mostrare, e comunque il climax è stato raggiunto.
Un salto temporale, una sincope, eloquente e castigata, perfettamente in tono col clima morbido della vicenda, centrata sul conflitto fra due uomini facoltosi che si contendono i favori della giovane povera Joan Collins . Uno, Ray Milland, è un architetto, cinquantenne, sposato,che si offre di mantenerla (“Vuol fare di me una figlia”),l’altro ,Farley Granger, un giovane ozioso che riesce a sposarla e si rivela subito per un paranoico ,soggetto a crisi di gelosia retrospettiva. Vuole convincersi che lei è stata violentata da Ray Milland e la ossessiona con le sue domande ,fino al giorno in cui , al Madison Square Garden, Farley Granger spara e uccide il rivale , colpevole secondo lui, di aver “corrotto” la ragazza. L’attore è perfetto per la parte,con le sue espressioni infantili,cattive, che avevamo già visto in Senso, dove era il vile tenentino austriaco.E Ray Milland rende in modo non banale il fascino del maturo seduttore . Lo ricordiamo nei panni dell’aspirante uxoricida di Delitto perfetto.L’acerba Joan Collins è il lato debole del triangolo amoroso, non riesce a restituire l’ambiguità del suo personaggio.
La storia con va avanti con il processo ,in cui la famiglia di Farley Granger cerca di dimostrare che in passato la ragazza è stata drogata e violentata da Ray MIlland e che perciò quello del giovane marito che ha ucciso l’architetto è stato una specie di delitto d’onore. Farley Granger evita la condanna a morte e finisce in manicomio. La ragazza, additata al disprezzo ed esposta al ludibrio generale ,diventerà un’ attrazione da vaudeville esibendosi sulla famigerata altalena.
Siamo ben oltre il fatto di cronaca ( il delitto che ha ispirato la vicenda è realmente avvenuto nel 1906 ) e il caso clinico .Infatti tra le righe di questo coloratissimo melodramma criminale si può leggere una radiografia dell’alta società americana di inizio secolo, insieme perbenista e materialista .
L’episodio del delitto appare anche in Ragtime il romanzo di E.L. Doctorow ,dove viene mescolato ad altri fatti di cronaca di quegli anni, veri e inventati, dalla spedizione di Peary per la conquista del polo nord ,all’arrivo in America di Freud e Jung, alle prodezze del mago Houdini , alle imprese terroristiche di un pianista di colore,offeso da alcuni pompieri razzisti. Il romanzo avrebbe ispirato il progetto di un film affidato in un primo tempo a Altman ,il cui stile centrifugo sarebbe stato adatto a creare una sorta di affresco sull’America di allora ,quindi è passato nelle mani di Milos Forman ,che ha realizzato un film dallo stile timidamente illustrativo . Forse oggi solo un Almodovar ,maestro del melodramma grottesco erotico, potrebbe tirarne fuori qualcosa di interessante.
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Se è vero, come ha scritto Umberto Eco, che un cult movie per dirsi tale deve essere insieme sgangherato e affollato di clichè, Sabato tragico merita a pieno titolo di essere incluso nella categoria.
Tutto in questo film sembra fatto per disorientarci , a partire dal formato. Un noir a colori e in Scope. Vi si narra di un terzetto di gangster che si sposta in una cittadina mineraria per compiere una rapina, il mezzogiorno di sabato. Proposito che i tre cercheranno di attuare nel più complicato e maldestro dei modi.
Ciò che più conta non è il suspense della rapina quanto il ritratto dei personaggi che vi sono coinvolti più o meno direttamente e che compongono un panorama della provincia americana degno dei mélo di Douglas Sirk e di Delmer Daves. Il figlio del proprietario della miniera è un alcolista (Richard Egan ), apertamente tradito dalla moglie con i frequentatori del circolo del golf e attratto da un’ infermiera che sembra gradire le sue attenzioni. A sua volta l’infermiera è oggetto del desiderio di un timido impiegato di banca, che la sera la spia da sotto le finestre (Tommy Noonan).
A questi personaggi si aggiungono due figure maschili più rispettabili, quasi eroiche: il laborioso sovrintendente della miniera ( Victor Mature) disprezzato dal figlio adolescente perché non ha combattuto in guerra ma che saprà riscattarsi ai suoi occhi debellando i gangster, e il capo della comunità mennonita ( Ernest Borgnine), che rinuncerà ai suoi principi di non violenza per trafiggere un gangster con un forcone. I gangster invece sono figure poco caratterizzate, tranne Lee Marvin che fa continuo ricorso a uno spray nasale contro il raffreddore. Dopo un finale quasi western in cui i malviventi assaltano la fattoria dei mennoniti, tutto si conclude nel migliore dei modi : la morale e la legge trionfano mentre il vizio e il crimine sono sconfitti.
Ne risulta un clamoroso pastiche etico estetico, degno di imprimersi nella memoria dei cultisti accanto ai preziosismi cromatici e all’ immoralismo sotterraneo del film precedente. Il caso vuole che i due film siano stati realizzati nel 1955, forse l’ annus mirabilis di Fleischer.
(Su questo versatile petit maitre , beniamino della critica francese, esiste un libro a cura di Alberto Morsiani ,Piovre, vichinghi e ladroni.Le 20.000 fantasie hollywoodiane di Richard Fleischer, ed.Falsopiano, Alessandria,2016. )