“Sfida nell’Alta Sierra” di Sam Peckinpah

di Oreste De Fornari.

Se si dovesse stabilire qual è   il più autunnale tra i western autunnali, il primo titolo che viene in mente, prima ancora dell’ Uomo che uccise Liberty Valance , è Sfida nell’Alta Sierra, opera seconda di Sam Peckinpah ,contemporanea al film di Ford. Perché gli eroi sono stanchi  ,i vecchi sono migliori dei giovani,e anche il paesaggio è autunnale. Inoltre il luogo della cerimonia nuziale non è una chiesa, ma un saloon con uso di postribolo,Il giudice  che celebra il matrimonio è ubriaco,e ,dettaglio ben più grave, i  fratelli dello sposo si sentono autorizzati ad abusare della sposina.(La scena  è così forte che fummo indotti a tagliarne qualche fotogramma in vista della proiezione al cineforum dei ginnasiali) .Dunque, riguardo al futuro dell’ America, prevale il pessimismo.

Soli candidati all’eroismo due attempati avventurieri, incaricati di trasportare in città un carico d’oro e  di aiutare la ragazza a fuggire sottraendola alla violenza dei fratelli. Si riconosce un tema  tipico  del western, l’amicizia virile , tanto più che nei panni dei due amici ci sono due attori cari agli appassionati del genere, Joel Mc Crea e Randolph Scott. Ma questa volta  i due eroi  non sono troppo eroici. Uno   tenta di fuggire nottetempo col malloppo , tanto che l’altro per convincerlo a desistere deve prenderlo  a schiaffi. Alla fine di questo rito di purificazione , li vediamo affrontare i giovani degenerati, ripresi dal basso, nella più eroica   delle angolazioni. Uno dei due rimane sul terreno, colpito a morte, ma la sua missione educatrice (nei confronti dell’amico e del giovane compagno di viaggio) può dirsi compiuta. Finalmente ci siamo guadagnati il diritto a commuoverci. Lacrime catartiche per commemorare   il nostro passato di spettatori.

A conquistarci in questo western è stato il classico equilibrio di idealismo e pragmatismo, verismo e stilizzazione. A proposito di verismo , colpisce la figura del fratello refrattario all’igiene, che gli altri costringono a lavarsi gettandolo nell’abbeveratoio. E’ Warren Oates, attore feticcio di Peckinpah, che ritroveremo pochi anni dopo nel film più celebrato del regista, Il mucchio selvaggio. Qui certi suoi temi abituali vengono esasperati, soprattutto  la  violenza. Cavalieri che crollano ripresi al rallentatore, sangue che sprizza dalle ferite, rasoiate alla gola, dosi abbondanti di sesso e di whisky ( i due fratelli che amoreggiano con due messicane in una botte)  e  distanza accorciata fra l’eroe (un bandito, William Holden) e il suo antagonista (un bounty killer ,Robert Ryan). Ma il disincanto e la crudezza sono troppo compiaciuti, troppo plateali, per non rimpiangere la sobrietà e lo spessore etico del film precedente..

Un ricordo.  Durante la presentazione del film a Londra nel settembre ‘69, al National Film Theater, alla  domanda insidiosa di un giornalista, Peckinpah ordinò a Oates : “Warren shoot him!”.

 

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