di Giulio D’Amicone.
Anni addietro circolava una diffusa rivista di musica classica che recensiva i dischi (allora solo in formato LP) differenziando i giudizi in tre parti: valore editoriale, valore interpretativo e valore tecnico, con un punteggio da 1 a 5. Poteva quindi capitare che una Quinta di Beethoven ricevesse un semplice 1 come valore editoriale ma un 5 come valore tecnico; mentre il giudizio sull’interpretazione ovviamente variava. Se è lecito applicare un criterio analogo alla filmografia di Carmine Gallone, diremmo che il risultato sarebbe questo: valore editoriale 1 / valore interpretativo 3-4 / valore tecnico 4.
Partiamo dal primo criterio, quello che riguarda l’originalità, o meglio l’interesse provocato dalle scelte: andiamo maluccio. Difatti, che cosa si può rinvenire di interessante in una Manon Lescaut interpretata da Alida Valli e Vittorio De Sica? E con quale criterio si affida al quarantenne Gino Cervi un film biografico su Mozart, oltretutto intitolandolo Melodie eterne? Peggio ancora nel famigerato Scipione l’Africano, dove al personaggio eponimo (interpretato per ironia della sorte da un attore di nome Annibale) si contrappone un generale cartaginese di colore. Ma tutti i film storici qui esaminati di storico hanno ben poco. I dialoghi assumono sempre toni sentenziosi, e sentiamo nominare spesso “gli dei” con la dovuta reverenza (compreso uno “Zeus” citato da un romano!); assistiamo a battaglie interminabili, a giochi gladiatorii e a tediosi numeri di danza. Ma anche avvicinandosi ai nostri giorni, il livello culturale non cambia: i titoli di testa della Monaca di Monza dichiarano la consultazione di “documenti dell’epoca”, però i dialoghi (specie quelli in cui interviene il cardinale Borromeo interpretato con la consueta bravura da Gino Cervi) rimangono di tono melodrammatico; si parla in Casa Ricordi soltanto delle due versioni del Barbiere di Siviglia (Paisiello e Rossini) quando il medesimo libretto fu musicato da oltre dieci compositori; e non si comprende perché la brava Giovanna Ralli in Carmen di Trastevere abbia accettato di imbracciare la chitarra quando è evidente che non la sapeva suonare.
Ora passiamo al secondo criterio, relativo alla resa degli interpreti. Qui non si può che emettere un giudizio positivo, seppure con qualche riserva. Pur non esigendo prestazioni molto impegnative, il regista non lascia gli attori a briglie sciolte. Per esempio, Paolo Stoppa recita con la consueta energia, però Gallone non gli corregge il consueto vizio di parlare in fretta “mangiandosi” le battute. Talvolta sono utilizzati con competenza bravi caratteristi (come Fiorenzo Fiorentini o Alberto Lupo) alcuni dei quali, come Enrico Viarisio o il francese Jules Berry, in Tristi amori gigioneggiano alquanto; sono poi ben valorizzati taluni personaggi femminili incarnati da Luisa Ferida o Luisella Beghi. Non mancano pure spruzzate di erotismo in Cartagine in fiamme e in Carmen di Trastevere (cui fu applicato un divieto ai minori per talune scene moderatamente “osé” interpretate da Giovanna Ralli, un’attrice troppo poco utilizzata). Certamente Gallone poco o nulla può nei riguardi di Beniamino Gigli in Marionette: è singolare come molti uomini di spettacolo risultino impacciati di fronte alla macchina da presa. Al contrario, la Magnani di Avanti a lui tremava tutta Roma è prevedibilmente brava, ma appare goffa quando sale sul palcoscenico. Infine, reclutare Gino Cervi nella parte di Mozart potrebbe concorrere al premio di miglior miscasting.
Concludiamo con la valutazione strettamente tecnica, dicendo subito che in questo campo al regista ligure si troverebbe poco da rimproverare. La cinepresa di Gallone è mobile, ama molto le carrellate (interessante il restringimento d’inquadratura nel colloquio padre figlio contenuto in Tristi amori); preciso nel montaggio (sempre curato dal fedele Nicolò Lazzari), ci dona perfino piani-sequenza in soggettiva (presentando il personaggio di Messalina nel film omonimo o quello di Tosca in Avanti a lui…) o primi piani velati attraverso vetri opacizzati (Manon Lescaut). Interessante la seconda parte del succitato Avanti a lui…, costruita in montaggio alternato oscillante tra la rappresentazione di Tosca e quanto succede dietro le quinte.
Per quanto abbiamo potuto esaminare, la folta produzione di questo regista ha un suo posto, essendo sostanzialmente rivolta a un pubblico popolare: se fosse stato più giovane, Gallone avrebbe forse proseguito la carriera affiancandosi a Ettore Fizzarotti nei musicarelli interpretati da Gianni Morandi e Tony Renis.