Il Cinema Ritrovato 2022 – Hugo Fregonese, il vagabondo.

di Antonella Pina.

Il Cinema Ritrovato scopre Fregonese, regista argentino di origini trevigiane, classe 1908, il cui lavoro, pur comprendendo opere di grande qualità, è stato a lungo sottovalutato e quasi dimenticato. In realtà, per onorare il vero, dobbiamo precisare che una riscoperta di Fregonese era già stata fatta in un’ampia retrospettiva del festival di Amiens nel 2003, e poi alla Cinémathèque parigina, con un’introduzione del suo grande cultore Jacques Lourcelles, tradotta in italiano su “Cinema e Generi 2007”.   Nel pantheon del suo Dictionnaire, Lourcelles inserisce anche ben sei film del regista: Pampa barbare (1945), Donde mueren las palabras (1946), One Way Street (1950), Saddle Tramp (1950), Apache Drums (1951), Man in the Attic (1953).

Fregonese è stato un regista irrequieto ed errabondo, ha lavorato in molti paesi e affrontato tutti i generi raggiungendo talvolta risultati sorprendenti, nonostante il suo nome non venga mai affiancato a quello dei grandi registi della sua epoca. Spesso i suoi eroi gli assomigliano, solitari e senza radici, ma lontani dall’archetipo fordiano dell’eroe invincibile sconfitto dal tempo. Gli eroi di Fregonese non vivono nel passato, sono comunque proiettati nel futuro, anche se non sempre riescono a raggiungerlo.

Ricordiamo alcuni suoi film visti nella sala del cinema Jolly.

 

Blowing Wind (Ballata selvaggia) del 1953, con una grande Barbara Stanwyck (Marina), come sempre selvaggia e determinata, pronta ad eliminare gli ostacoli che si frappongono tra lei e l’oggetto del suo desiderio. L’oggetto è Gary Cooper (Jeff) e l’ostacolo da uccidere è il marito Anthony Quinn (Paco). Paco e Jeff sono amici da sempre, entrambi cercano il petrolio e sono esperti di impianti per la trivellazione. Jeff non ha messo radici mentre Paco ha sposato Marina e costruito un piccolo impero. Jeff è attratto da Marina ma non tradirebbe mai Paco, così Marina uccide il marito gettandolo in un pozzo sovrastato da una trivella petrolifera. La scena è potente: la trivella continua il suo lavoro di estrazione con un movimento lento, continuo e solenne, come un enorme pendolo messo lì a scandire il tempo. Una sorta di lugubre litania funebre. E’ un western, ma anche un melodramma con qualche nota noir.

 

Black Tuesday (Pioggia di piombo) del 1954. Anche il protagonista di questa storia è selvaggio e determinato ed ha il volto straordinario di Edward G. Robinson (Vincent Canelli). Le riprese iniziali lo mostrano dietro le sbarre di una cella, mentre si muove irrequieto come una belva in gabbia, ed è quindi immediatamente chiaro agli spettatori che si tratta di uomo dotato di una certa ferocia. Canelli è nel braccio della morte, insieme ad altri assassini. Tra questi c’è Peter Graves (Peter Manning), autore di una rapina e pronto a morire senza rivelare il luogo in cui si trova la refurtiva. Con un piano rocambolesco Canelli riesce ad evadere proprio il giorno dell’esecuzione, portando con sé Manning e alcuni ostaggi. Trova rifugio nel suo nascondiglio, deve prepararsi alla fuga ma prima dovrà recuperare la refurtiva. Le cose però non vanno nel verso giusto. Un ostaggio viene sacrificato per costringere la polizia a trattare, ma la polizia non tratta e i criminali non si arrendono. Manning, trafitto da un impeto di umanità, uccide Canelli per salvare gli ostaggi che verrebbero giustiziati inutilmente e si scaglia contro la polizia per essere a sua volta ucciso.

Un noir cupo e feroce dove la morte è l’unica via d’uscita.

 

Seven Thunders (La casbah di Marsiglia) del 1957. Si tratta di una produzione inglese, una storia di guerra che si svolge a Marsiglia nel 1943 durante l’occupazione tedesca. Ai margini del racconto si mostra un fatto realmente accaduto: la distruzione con cariche di dinamite di Porto Vecchio, uno dei quartieri più popolosi di Marsiglia, ad opera dei nazisti.

Due soldati britannici in fuga vengono nascosti dagli uomini della Resistenza nel quartiere di Porto Vecchio. Qui possono contare sull’aiuto e la solidarietà della tenutaria di un bordello, di un’attempata connazionale e di una vivace giovane donna, orfana di una prostituta del suddetto bordello. Accadono cose tragiche ma il tono del film è allegro e sono molte le situazioni e le gag divertenti. L’esercito tedesco è formato da soldati più o meno giovani che obbediscono agli ordini ma non sono tutti feroci assassini. Uno di loro uccide per errore una bambina ed è sopraffatto dalla disperazione. L’unico vero crudele assassino è il Dr. Martout, un borghese ricco e tranquillo che si finge amico degli ebrei, prende i loro soldi per aiutarli a scappare dalla Francia occupata e invece, dopo averli storditi con un liquorino, li porta in cantina e li uccide. Ne uccide cento accumulando molte ricchezze ma deve lasciare Porto Vecchio e mentre tenta di fuggire con la sua automobile, muore nel crollo degli edifici.

Siamo in guerra e c’è molto dolore eppure è un film pieno di ottimismo e di joie de vivre. I soldati inglesi riescono a fuggire e portano in salvo anche la giovane donna che nel frattempo si è innamorata di uno di loro. Anche i genitori della bambina uccisa dal giovane tedesco riescono a mettersi in salvo, si detestano ma la morte della figlia li riavvicina. Lui si stupisce che la moglie voglia restare con lui: “Mi hai detto che non volevi più saperne di me” e lei, senza traccia di ironia: “Sì, ma sei sempre meglio di niente” e si incamminano verso il futuro.

Gli esterni sono girati a Marsiglia, gli interni nei teatri di posa e il terribile evento storico è documentato da spezzoni di cinegiornali, il tutto in modo molto fluido.

 

Postato in Festival.

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