di Antonella Pina.
Il Grand Prix della 45ᵃ edizione del Festival del Cinema Americano di Deauville, con Catherine Deneuve presidentessa della giuria, è andato a Bull, opera prima di Annie Silverstein.
Il film racconta la nascita di un’amicizia tra due vicini di casa alla periferia di Houston, Texas. Lei è Kris (Amber Harvard, bravissima, per la prima volta sullo schermo), una ragazza bianca di 14 anni dall’aspetto dimesso, i capelli legati in una coda di cavallo e lo sguardo inespressivo. Lui è Abe (Rob Morgan), un nero di circa cinquant’anni piuttosto insignificante, con una casa, un’auto e un corpo che hanno conosciuto tempi migliori. I due vivono in mondi distanti ma hanno entrambi una vita difficile, lontana anni luce dal sogno americano.
Kris vive con la nonna e una sorellina piccola, del padre non c’è traccia, probabilmente non c’è mai stato. La mamma esiste, è un riferimento importante per la ragazzina, ed è in prigione per spaccio di droga. Nel piccolo e triste nucleo familiare vive anche un cane, buono ma dall’aspetto feroce, a cui piacciono le galline.
Abe è una star dei rodeo. In passato è stato un acclamato bull – rider, ora lavora a terra, rompendosi le ossa per salvare la vita ai giovani che cavalcano i tori. Ha il corpo pieno di cicatrici e a volte urina sangue ma è comunque fiero di ciò che fa perché il lavoro, che richiede abilità e molto coraggio, è pericoloso e ben pagato. Il suo compito non è umiliante come quello dei clown, presenti nell’arena solo per distrarre i tori. Meglio morire che ridursi ad essere un clown. Abe vive solo, non ha neppure un cane, ma dietro casa ha un pollaio con alcune galline a cui è molto affezionato.
Un giorno il cane di Kris mangia una delle amate galline di Abe. E’ questo l’evento che determina il loro incontro e la nascita di una reciproca e profonda antipatia. Quando la ragazzina approfitta dell’assenza di Abe per mettergli a soqquadro l’abitazione, lui la denuncia alla polizia. Lei non si scompone, ma la nonna chiede che le venga data un’altra possibilità. Kris è così costretta ad aiutare Abe nei lavori di ristrutturazione della casa, finché lui non riterrà che il danno arrecatogli sia stato saldato. Lei oppone resistenza, era arrivata molto vicina all’essere come la madre e rivolgendosi ai poliziotti li supplica: “Non potete semplicemente portarmi al riformatorio?”
I due iniziano a conoscersi e l’antipatia si rafforza. Poi Kris scopre il lavoro di Abe e allora, quel nero antipatico dall’aspetto insignificante si ammanta di luce sfolgorante: per una ragazzina piena di rabbia repressa, cavalcare un toro ha un enorme potenziale liberatorio. Abe diventa l’eroe di Kris, l’esempio da seguire: diventerà una bull – raider e Abe, anche se continua a detestarla, le insegna cosa fare per restare in sella una manciata di secondi.
Poi, molto rapidamente, le loro vite precipitano. Kris si mette a spacciare droga nella compagnia che frequentava la madre. Abe viene attaccato da un toro e ferito gravemente: se vuole continuare a lavorare nei rodei, potrà fare solo il clown.
Kris ormai è una spacciatrice e ha dimenticato i rodei, ma un giorno perde la droga che avrebbe dovuto vendere e quando il pusher le chiede di prostituirsi per pagare il debito, lei decide di cavalcare il suo toro: resta in sella il tempo necessario per vince il confronto con il pusher e riprendersi la sua vita.
Abe sprofonda nella depressione. Una sera, in preda all’alcol e alla più cupa disperazione, uscendo in giardino si trova difronte un toro imponente e stanco. Quando rientra nella sua casa vuota è finalmente consapevole che il tempo delle arene si è ormai concluso, ma ha avuto il tempo, senza averne la piena consapevolezza, di passare il testimone a qualcuno. Poi arriva Kris e apparecchia per due.
Il film della Silverstein è duro ma intriso di sentimento, senza essere sentimentale. L’amicizia tra i due personaggi nasce nel silenzio, si nutre di pochi sguardi e pochi gesti. Sono due bull – raider, sanno quanto sia difficile restare in sella e quanto dolore provochi il cadere. Ma lui non farà il clown e lei non spaccerà droga. Non sarà facile, ma non saranno soli. E’ un bel finale. Può sembrare scontato e consolatorio ma non lo è.
Bull ha vinto anche il Premio della Critica e il Premio Rivelazione della Fondazione Louis Roederer.