Aldo Viganò.
Oregon 1851. Sparatorie nel buio della notte, “Bounty Killers” nell’esercizio del loro lavoro, cavalcate lungo i canyons e bivacchi intorno al fuoco, cercatori d’oro e saloon con tante persone intorno al bancone in cui si serve il whiskey. Gli ingredienti del western ci sono tutti (o quasi). Ma quello che latita infine (in questo film made in Francia, ma girato soprattutto in Spagna e in Romania) è proprio l’estetica di quello che è stato definito il “genere americano per eccellenza”.
Lontano dall’impronta epica del western classico come dai giochi parodistici di quello “all’italiana” o dal culto per le citazioni ammiccanti care al cinema di Sergio Leone, “I fratelli Sisters” di Richard Audiard è un film che usa gli stereotipi topografici e narrativi di un “genere” glorioso solo come sfondo di una storia prevalentemente privata che riguarda soprattutto i non semplici rapporti tra due fratelli, i quali, per poca intelligenza o per semplice necessità di sopravvivere, hanno accettato di fare i killers per conto di un potente Commodoro (interpretato da Rutger Hauer).
Il più anziano, Eli (John C. Reilly, presente in questi giorni sugli schermi genovesi anche nel ruolo di Ollio), è un giuggiolone sentimentale prigioniero del sogno di una donna ideale. Il più giovane, Charlie (Joaquin Phoenix), si ubriaca e frequenta i bordelli, aspira a un vita migliore e forse spera che un giorno potrà prendere il posto del Commodoro. Entrambi sparano con infallibile precisione e uccidono senza pietà coloro che sono incaricati di rintracciare. Ma sono fondamentalmente soli: due giovanotti grandi e grossi che precipitano nella propria stupidità e affondano le proprie radici esistenziali in una fanciullezza mal vissuta.
A questa coppia protagonista fa da antitesi complementare quella composta da Jake Gyllenhaal (bounty killer colto e raffinato, con l’animo di un dandy) e da Riz Ahmed (geniale ricercatore chimico e vittima designata del potere, inventore della formula che permette di evidenziare subito l’oro disperso nei ruscelli), il quale riesce a convincere chi lo insegue a passare dalla sua parte anche nella speranza di poter un giorno fondare un “falansterio” del tipo di quelli sognati allora dai socialisti utopisti.
Tra inseguimenti a cavallo e lunghe ma laconiche chiacchierate notturne intorno al fuoco, le due coppie si riuniscono nel nome dell’oro e decidono di mettersi in proprio per sfruttare a loro tornaconto l’invenzione del piccolo chimico, ma nessuno dei quattro ha la competenza e l’animo degli uomini d’affari.
Quello che ne consegue è quindi un pasticcio tragicomico, che Jacques Audiard e il suo co-sceneggiatore Thomas Bidegain scelgono di gestire prevalentemente con le modalità di una commedia che stenta però a elevarsi al modello rappresentato dalle celebri variazioni tonali riscontrabili nel grande cinema di John Ford.
Qui, inesorabilmente, la commedia come la tragedia restano sempre su un terreno molto più basso. Sovente messo in scena in modo alquanto approssimativo e un po’ noioso nelle sue componenti parolaie. In prevalenza incapace di trovare il modo giusto per dare vita autonoma a un film, che ha pure il merito di evitare di addentrarsi sul sentiero della parodia. Ma qualcosa, purtroppo, non scatta nel corso di due ore di proiezione pur attraversate dal sogno latente della classicità; perché “I fratelli Sisters” (l’ambiguità del titolo fa parte integrante del racconto) resta sempre al di sotto delle sue ambizioni. Lontano dagli ottimi risultati pur raggiunti da Jacques Audiard nelle sue precedenti incursioni in altre strutture del cinema di genere (“Il profeta” e “Dheepan”) e soprattutto non in grado di stabilire un vero collegamento estetico, sia formale sia narrativo, tra lo sfondo avventuroso evocato e la costruzione drammatica di quei personaggi, pur affidati alla pregevole recitazione di attori che certo avrebbero meritato di più e di meglio.
I FRATELLI SISTERS
(“The Sisters Brothers”, Francia – Usa – Romania – Spagna – Belgio, 2018) regia: Jacques Audiard – soggetto: dal romanzo omonimo di Patrick deWitt – sceneggiatura: Jacques Audiard e Thomas Bidegain – fotografia: Benoit Debie – musica: Alexandre Desplat – scenografia: Michel Barthélémy – costumi: Milena Canonero – montaggio: Juliette Welfling. interpreti e personaggi: John C. Reilly (Eli Sisters), Joaquin Phoenix (Charlie Sisters), Jake Gyllenhaal (John Morris), Riz Ahmed (Hermann Kermit Warm), Rutger Hauer (Commodoro), Carol Kane (sig.ra Sisters), Rebecca Root (Mayfield), Ian Reddington (il padre), Richard Brake (Rex), Allison Tolman (la ragazza del saloon). distribuzione: Universal Pictures – durata: due ore e 1 minuto