di Aldo Viganò.
Ambientato nel nordovest della Colombia, “Oro verde” è un thriller etnografico che racconta la guerra tribale tra i componenti di una famiglia fortemente legata alle ataviche tradizioni (lingua parlata, pratiche di matrimonio, usanze comportamentali), violate e messe in crisi, tra la fine degli anni Sessanta e i primi Ottanta del Novecento, dal commercio della marijuana con gli Stati Uniti.
Una storia vera, ma ricostruita con uno sguardo particolare al cinema di genere.
Tutto ha inizio nel corso di una festa di paese, durante la quale il giovane Rapayet conosce, danza e s’innamora, chiedendola subito in moglie, di una benestante ragazza del posto. Per soddisfare entro il più breve tempo possibile la richiesta dei parenti di lei di una ingente dote (vacche, capre e collane), Rapayet s’inventa la scorciatoia del narcotraffico con i turisti statunitensi. Sembra la scoperta dell’uovo di Colombo. In poco tempo diventa ricco, sposa la sua bella e ha da lei due figli (un maschio e una femmina). Ma il danaro così guadagnato velocemente porta con sé, in modo inevitabile, anche i conflitti e i tradimenti. Sino al tutti contro tutti e all’incalzante susseguirsi delle stragi, alimentate dai valori atavici della vendetta che affondano le proprie radici nell’origine dei tempi.
Ne consegue così uno scontro senza pietà, nel quale il sangue s’illude di lavare tutte le offese, segnando di fatto la fine del passato e la nascita del capitalismo moderno, contrassegnato dalla solitudine esistenziale dei pochissimi che sopravvivono.
Questo tragitto personale e collettivo sottende il percorso narrativo di “Oro verde” (in originale “Pajaros de verano” / “Uccellini d’estate”), che il regista Ciro Guerra e sua moglie Cristina Gallego (già fattisi notare nel circuito dei festival internazionali con l’applaudito “El abrazo de la serpiente”) articolano in cinque canti nel corso dei quali il film d’azione e quello d’autore (cioè, quelli che hanno suggerito ai distributori italiani il sottotitolo di “C’era una volta in Colombia”) si mescolano sovente con il documentario etnico su un popolo in via di estinzione; con l’inevitabile conseguenza che i tempi del film si allungano e lo spettacolo molto ne risente. Ma, nonostante che “Oro verde” sovente indulga un po’ troppo ad immagini calligrafiche e non perda occasione per ribadire più volte il proprio rifiuto di essere confinato entro le regole (evidentemente considerate dai registi troppo anguste) del thriller, il risultato resta comunque un film decisamente originale e dall’impianto sotteso da un’impronta alquanto interessante. Un’opera che per tono e soluzioni estetiche dichiara con evidenza la sua appartenenza alla cultura latinoamericana, ma anche una pellicola fruibile da tutti: pregevole soprattutto nelle ellissi con cui racconta gli episodi più violenti di questa faida famigliare (dietro la quale s’intravvede l’ombra degli Stati Uniti d’America), nonché nella definizione dei personaggi femminili; tra i quali spicca, in particolare, quello della suocera e capofamiglia. Protagonista di un film corale, ma soprattutto tragica rappresentante di una concezione ancora matriarcale di una società disposta a tutto per salvaguardare i valori della tradizione. Anche a sacrificare tutto il resto. Le amicizie e i parenti. Il fragile e melanconico genero come la figlia e i nipoti. Senza rendersi conto che così facendo la matriarca riesce solo a porre fine al proprio mondo, portando con sé alla rovina anche il suo debole e arrogante figlio, che sin da bambino lei ha invano designato come proprio erede.
ORO VERDE – C’ERA UNA VOLTA IN COLOMBIA
(Pajaros de verano, Colombia 2018) regia: Ciro Guerra e Cristina Gallego – soggetto: Cristina Gallego – sceneggiatura: Maria Camila Arias e Jacques Toulemonde Vidal – fotografia: David Gallego – musica: Leonardo Heiblum – scenografia: Angélica Perea – costumi: Catherine Rodriguez – montaggio: Miguel Schwerdfinger. interpreti e personaggi: Carmiňa Martinez (Ursula, la madre), José Acosta (Rapayet, il genero), Jhon Narvaez (Moisés, l’amico), Natalia Reyes (Zaida, la figlia), José Vicente (Peregrino, lo zio), Juan Bautista Martinez (Anibal, il cugino), Greider Meza (Leonidas, il figlio), Miguel Viera (il Pupillo), Sergio Coen (Sheperd), Aslenis Marquez (Indira). distribuzione: Academy Two – durata: due ore e cinque minuti