di Aldo Viganò.
Ci sono registi che sanno far vivere i personaggi dei loro film e raccontare le proprie storie attraverso l’uso di uno specifico stile personale e altri che, ostentando a priori una propria cifra stilistica, scelgono di rappresentarvi all’interno i personaggi e le storie che ambiscono di portare sullo schermo.
Come già evidenziato nella sua premiatissima opera prima, “Il figlio di Saul”, l’ungherese Laszlo Nemes rivendica con orgoglio autoriale la propria appartenenza a questa seconda categoria. E lo ribadisce ora anche in “Tramonto”, sul cui sfondo c’è l’avvento della Prima Guerra Mondiale raccontato, in fin dei conti, con gli stessi stilemi con cui nel suo film precedente veniva messa in scena la tragedia dell’olocausto.
Lo sguardo della cinepresa di Nemes rimane di fatto sempre lo stesso: lunghi carrelli laterali o insistiti “travelling” a seguire di spalle il protagonista (all’addetto alla pulizia dei forni crematori, subentra ora l’erede di una celebre fabbrica di cappelli di Budapest), mentre sullo sfondo passa la Storia (ora a fuoco e ora sfumata), con tutta la sua tragica carica di violenza e di contraddizioni.
Se questo programmatico primato della cifra stilistica era stato molto apprezzato dalla critica internazionale per “Il figlio di Saul”, la quale vi aveva ideologicamente letto un modo originale per raccontare “l’indicibile”, ora però questa stessa impostazione linguistica evidenzia tutti i propri limiti cinematografici, sia estetici, sia narrativi, applicato come è al racconto della fine di un’epoca, dominata dal culto delle apparenze, ma anche dalla violenza armata e da torbide pratiche sessuali.
La giovane Irisz Leiter (interpretata dalla decorativa ma poco espressiva Juli Jakab) torna da Trieste nella nativa Budapest, chiedendo invano di essere assunta nell’atelier di cappelli dei suoi genitori, morti in un incendio quando lei aveva solo due anni.
L’ambiente è elegante e dichiaratamente raffinato, ma Irisz avverte ben presto che sotto queste apparenze si nasconde qualcosa di molto più complesso, che apre la via a prospettive di un possibile melodramma. Soprattutto la ragazza apprende quasi per caso l’esistenza di un suo misterioso fratello relegato in casa di cura forse per aver attentato alla vita del nuovo proprietario dell’atelier, ma certamente perché legato ai membri di una setta segreta antigovernativa.
Precipitando sempre più nel gorgo di questo enigma, Irisz scopre via via anche l’esistenza di una tratta delle bianche (di cui sono vittime le commesse dell’atelier) che fa capo anche al potere imperiale austro-ungarico; corre più volte il rischio di perdere la vita in seguito ad eventi sovente confusi, ma che non nascondono le proprie ambizioni metaforiche; e riappare, infine, nell’ultima inquadratura del film come crocerossina in una fangosa trincea della Guerra 1914-18.
Non tutto è chiaro in questa narrazione “in soggettiva” che vede al centro la tormentata fanciulla venuta da Trieste, ma il talentuoso Laszlo Nemes poco si preoccupa della chiarezza, proseguendo diritto nelle propria strada e non facendo mistero della propria ambizione autoriale. Quello che sembra chiedere allo spettatore è di non preoccuparsi troppo della comprensibilità di quanto accade sullo schermo, ma di abbandonarsi al flusso ermetico delle sue immagini.
Quello che resta negli occhi del fruitore di “Tramonto” è così, infine, solo l’immagine calligrafica di un cinema che non cessa mai di esibire la propria sterminata presunzione, abilmente organizzata, come si diceva, sull’insistenza figurativa con cui i personaggi e gli eventi storici vengono ridotti a quegli interminabili “carrelli a seguire”, che a lungo andare finiscono col risultare solo stucchevoli e poveri di senso.
TRAMONTO
(“Sunset”, Ungheria 2018) regia: Laszlo Nemes – sceneggiatura: Laszlo Nemes, Clara Royer, Matthieu Taponier – fotografia: Mátyás Erdély – musica: Laszlo Melis – costumi: Györgyi Szakács – montaggio: Matthieu Taponier. interpreti e personaggi: Juli Jakab (Irisz Leiter), Vlad Ivanov (Oszkár Brill), Evelin Dobos (Zelma), Marcin Czarnik (Sàndor), Judit Bárdos (Szeréna), Benjamin Dino (Andor), Balász Czukor (Nulla), Susanne Wuest (La principessa), Björn Freiberg (Extra), Levente Molnár (Gaspar), Urs Rechn (Ismael), Sándoz Zsótér (dottor Herz). distribuzione: Movies Inspired – durata: due ore e 22 minuti