“Notti magiche” di Paolo Virzì

di Aldo Viganò.

Tre luglio 1990. Nella sera in cui, a Napoli, un rigore di Maradona pone fine al sogno degli italiani, raccolti intorno alla tv, di vincere per la quarta volta il campionato mondiale di calcio, la lussuosa automobile di un noto produttore romano (Giancarlo Giannini) precipita nel Tevere. Sul sedile posteriore c’è il suo cadavere, ma nessun altro a bordo. La polizia sospetta l’omicidio e le indagini muovono da una foto, scattata poche ore prima del fatto, che ritrae la vittima al tavolo di un ristorante, in compagnia dell’amante (Marina Rocco) e dei tre giovani finalisti (Mauro Lamantia, Giovanni Toscano e Irene Vetere) del premio Solinas, dedicato alle nuove sceneggiature.

Abbandonata per il momento (?) l’ambizione internazionale del suo film precedente (“Ella & John”), il cinquantaquattrenne Paolo Virzì torna così a mettere in scena una storia italiana dall’esplicito sapore di un’autobiografia – sua e dei quasi coetanei due coautori alla sceneggiatura di questo “Notti magiche”: Francesca Archibugi (premio Solinas nel 1986) e Francesco Piccolo (premio Strega nel 2014) -, la quale consegna al grande schermo un impietoso ritratto, anche se non privo di partecipazione emotiva, del cinema italiano nella stagione in cui i suoi più celebri protagonisti (produttori, registi, sceneggiatori e attori) si avviavano al tramonto o si stavano arrendendo al modello televisivo dominante.

Attraverso una costruzione narrativa a plurimi flash-back, il film muove quindi dall’inchiesta poliziesca per aprirsi quasi subito al ritratto di quei tre giovani di belle speranze (due maschi, uno toscano l’altro siciliano, e una femmina, cresciuta in una famiglia romana agiata e alquanto disturbata di nervi), alle prese con quel mondo abitato da cialtroni e da ex belle donne, da sopravvissuti o da personaggi di talento ormai disincantati. Un mondo dove tutti si chiamano con il solo nome di battesimo, in modo da permettere almeno allo spettatore più avveduto di partecipare al gioco del riconoscimento dei veri personaggi di riferimento, ai quali gli autori di “Notti magiche” si sono evidentemente inspirati.

Quello che ne sortisce è un’opera un po’ squadernata, sospesa tra il tragico e il comico, tra la partecipazione e la satira, che mescola con leggerezza tanti ammiccamenti cinematografici a persone (da Furio Scarpelli a Michelangelo Antonioni) o a opere (da “C’eravamo tanto amati” a “The Dreamers”). Ma anche un film che stenta infine a liberarsi completamente dal condizionamento di quel tono bonario e moralistico che contraddistingue l’inchiesta poliziesca condotta con lo stile di un telefilm o da quello dell’invadente modello, più o meno consapevole, che nasce da un’idea di cinema simile a quella evocata nel decennio seguente dalla superficialità di certi film firmati da Paolo Sorrentino, quali “La grande bellezza” e “Loro”.

Un cinema, quello che viene portato in primo piano da “Notti magiche”, che provoca inevitabilmente un corto circuito estetico e narrativo, il quale mal di addice allo sguardo limpido e graffiante positivamente evidenziato da Virzì nei suoi migliori film precedenti.

Peccato! Perché anche questa volta il regista livornese dimostra di saper comporre alcune sequenze (soprattutto quelle in esterno per le strade di Roma) dal forte impatto cinematografico, anche se poi finisce con l’affidare la guida della narrazione a personaggi troppo schematici quali risultano essere i tre protagonisti, fondamentalmente privi di quel carisma spettacolare che contraddistingueva gli interpreti di quella “commedia all’italiana” ai quali evidentemente sono ispirati. Un terzetto di sceneggiatori che sembrano essere stati scritti ciascuno, separatamente, da uno dei loro autori, venendo poi  precipitati tutti insieme all’interno di una fauna umana di comprimari che, pur senza approfondimenti, hanno la voce e il fisico invecchiato di celebri attori e attrici. Un cast di prima classe, che risulta però non essere stato sufficientemente aiutato dalla regia ad andare al di là dell’ammiccamento per iniziati o a definirsi in modo autonomo come autentici personaggi, anche se solo abbozzati.

Pur collocandosi molto al di sopra della maggior parte dei prodotti nazionali, “Notti magiche” finisce così col risultare un’opera alquanto deludente proprio per la mancanza di una sua precisa cifra stilistica. Un film che volendo dire tanto riesce a dire ben poco e che intendendo forse accontentare troppi, finisce con lo scontentare molti. Una commedia che gli autori hanno evidentemente scritta per rivisitare con affetto il tempo e i primi amori della propria formazione cinematografica, ma che di fatto non sono stati capaci di trovare il tono giusto per creare un clima di partecipazione emotiva e culturale al passato prossimo evocato.

Ripeto, peccato! Perché certo da Virzì ci si può aspettare un cinema molto più personale e più coinvolgente. Soprattutto contrassegnato da una più convinta unità stilistica.

 

  

NOTTI MAGICHE

(2018)  regia e soggetto: Paolo Virzi – sceneggiatura: Francesca Archibugi, Paolo Virzì, Francesco Piccolo – fotografia: Vladan Radovic – musica: Carlo Virzì – scenografia: Tonino Zera – costumi: Catia Dottori – montaggio: Jacopo Quadri.  interpreti e personaggi: Mauro Lamantia (Antonino Scordia), Giovanni Toscano (Luciano Ambrogi), Irene Vetere (Eugenia Malaspina), Roberto Herlitzka (Fulvio Zappellini), Giancarlo Giannini (Leandro Saponaro), Simona Marchini (sig.ra Saponaro), Ornella Muti (Federica, la diva), Giulio Scarpati (Salvatore Malaspina), Marina Rocco (Giusy Fusacchia), Giulio Berruti (Max Andrei), Paolo Sassanelli (il Capitano), Paolo Bonacelli (Ennio), Jalil Lespert (Jean Claude Bernard), Andrea Roncato (Fosco, il regista), Eugenio Marinelli (Gianfranco, l’autista), Emanuele Salce (Virgilio Barone), Ferruccio Soleri (Pontani, il maestro), Regina Orioli (Emma Marcellini), Ludovica Modugno (l’avvocatessa), Eliana Miglio (madre di Eugenia), Annalisa Arena (Katia), Tea Falco (l’attrice italiana).  distribuzione: 01 Distribution – durata: due ore e cinque minuti.

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