“La donna dello scrittore” di Christian Petzold

di Aldo Viganò.

Il romanzo quasi autobiografico scritto nel 1944 da Anna Seghers (1900-1983) si svolge nel 1940 e racconta l’odissea, tra Parigi e Marsiglia, di un giovane tedesco che, fuggito da un campo di concentramento nazista, assume quasi per caso l’identità di uno scrittore morto suicida, in una pensione di Parigi, con le carte del quale cerca di fuggire dalla temuta occupazione tedesca in Francia verso il Messico (e da lì negli Stati Uniti), prendendo sempre più coscienza della tragica condizione di chi come lui si è posto sulla difficile strada di questa emigrazione forzata.

Quasi ottant’anni dopo, Il regista tedesco Christian Petzold (noto soprattutto per i suoi film storici: da “La scelta di Barbara” a “Il segreto del suo volto”), su suggerimento di Harun Farocki (alla cui memoria il film è dedicato), ha scelto di ambientare questa storia nella realtà contemporanea, senza però farne alcun sostanziale adattamento narrativo.

Ne nasce così un curioso film politico dall’andamento melodrammatico. Un film che in Italia maldestramente traduce l’originale “Transit” in “La donna dello scrittore”.

Un opera cinematografica attuale, nella quale, da una parte, lo sfasamento temporale tra fatti storici raccontati e lo sfondo scenografico, fatto di strade, automobili, e navi che rinviano tutte ad oggi, concorre a favorire un rispecchiamento tra passato e presente. Mentre, dall’altra, l’incontro del protagonista con la presenza quasi fantasmatica della romantica donna che si aggira per le strade di Marsiglia in attesa del marito (lo scrittore della Seghers) di cui ignora la tragica fine, concorre a spostare il tono e lo stile del film verso il territorio del melodramma, gestito dalla regia con consapevoli riferimenti ai personaggi del celeberrimo “Casablanca”, interpretati da Humphrey Bogart e Ingrid Bergman.

Esibendo questa continua contaminazione tra passato e presente, tra l’opera cinematografica e la sua fonte di ispirazione, Christian Petzold (classe 1960) consegna così al grande schermo, un film che ha tutte le caratteristiche per attirare l’attenzione internazionale (Festival, Oscar, ecc.) e per affascinare anche i “cinéphiles”, innanzitutto per quella sua astuzia compositiva che ne sposta il significato su un terreno nel quale il realismo si coniuga con il fantastico, la storia con la sua metafora, la riflessione attuale sulla condizione degli emigranti perseguitati da un potere opprimente con l’impossibile storia d’amore tra un ladro d’identità e la romantica donna indotta dagli eventi a scegliere tra due uomini e a cercare invano sul volto del protagonista l’immagine di un amore che non si rassegna a considerare perduto.

Pur condizionato da un’impostazione drammaturgica alquanto intellettuale e appesantito da una invadente voce narrante fuori campo (quella del proprietario della pizzeria di Marsiglia dove il protagonista indugia a mangiare e dove s’incontra con gli altri personaggi), “La donna dello scrittore” riesce infine a essere un film nel complesso convincente. Certo per merito della sua coerenza cinematografica che sposta continuamente il discorso dal concreto all’astratto, dalla fisicità degli esseri umani che lo abitano alla loro fatua consistenza di fantasmi dell’immaginazione. Ma anche per l’ottima guida della recitazione di un cast di attori che trova nel volto pensieroso e nel labbro leporino (tale da farlo somigliare a Joaquin Phoenix) di Franz Rogowski un  interprete capace di essere credibile sia quando gioca a pallone con il bambino maghrebino incontrato per le strade di Marsiglia, sia quando accoglie le tristi confidenze della donna (quella dei due cani) con la quale condivide le lunghe attese al Consolato. Sia anche quando dialoga con un migrante innamorato o cede al fascino della bella e silenziosa vedova che egli vorrebbe invano portare con sé in America.

 

LA DONNA DELLO SCRITTORE

(Transit – Francia, 2018)  regia e sceneggiatura: Christian Petzold – soggetto dal romanzo di Anna Seghers – fotografia: Hans Fromm – musica – Stefan Will – scenografia: Aurelie Combe – costumi: Katharine Ost – montaggio: Bettina Bohler. interpreti e personaggi: Franz Rogowski (Georg), Paula Beer (Marie), Godehard Giese (Richard), Lilien Batman (Driss), Maryam Zaree (Melissa), Barbara Auer (la donna con due cani), Matthias Brandt (barman / narratore), Sebastian Hülk (Paul), Emilie De Preissac (proprietario dell’Hotel Paris), Antoine Oppenheim (Binnet), Louison Tresallet (Jean Binnet). distribuzione: Academy Two – durata: un’ora e 41 minuti

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