di Aldo Viganò.
Quando era giovane e negli anni Ottanta girava film come “Lola Darling” o “Fa la cosa giusta”, lo chiamavano “il Woody Allen nero” per la sua predilezione agli inserti musicali e per quella tendenza a sacrificare coerenza narrativa e costruzione dei personaggi al compiacimento per le battute di spirito, per le inquadrature sofisticate o per gli effetti di montaggio.
Poi, per Spike Lee, è venuto il tempo dell’impegno ideologico per la causa degli afroamericani. Impegno che l’ha spinto a mettere in scena film quali “Malcolm X” o “Clockers”, improntati comunque sempre a quel narcisismo polemico che da sempre contraddistingue il suo rapporto culturale ed estetico con il mondo.
Ora, l’arrivo anche in Italia di un film come “BlacKkKlansman” (Gran Premio della Giuria al Festival di Cannes) certifica l’aspirazione del regista di Atlanta di coniugare queste due anime – che da sempre appartengono comunque, entrambe, al suo modo di fare cinema – portando sullo schermo un discorso che mentre sembra parlare del cinema del passato spalanca con impeto una finestra sul presente dell’era “trumpiana”.
Un discorso, quello di “BlacKkKlansman”, che mescola l’impegno civile con la ricerca della comicità, la “cinefilia” con la sacrosanta condanna della violenza razziale, lo sberleffo ideologico con lo sdegno politico: con il risultato finale, però, di pasticciare alquanto in tutte le direzioni.
Puntando più sulla brillantezza del dialogo che sulla forza delle immagini, Spike Lee muove dalla storia vera di un poliziotto di colore (John David Washington) che, tramite un collega ebreo (Adam Driver), riuscì negli anni Settanta a infiltrarsi in un gruppo del Ku Klux Klan di Colorado Springs, rivelandone le trame illegali e sbeffeggiandone i metodi di comportamento.
Nasce così una specie di film poliziesco che si allarga, però, ben presto, con elaborati effetti di montaggio incrociato, sia verso il passato remoto (la denuncia delle responsabilità di un film come “Nascita di una Nazione” nel rigurgito del razzismo negli States del primo Novecento), sia nella direzione del parallelismo tra l’operato del Ku Klux Klan e quello delle Pantere Nere. Per giungere infine alla violenza razziale (non condannata da Donald Trump) di Charlotteville, nell’estate del 2017: tragedia innescata dagli scontri tra due cortei contrapposti, provocati dalla decisione di rimuovere da una piazza delle città della Virginia la statua del generale sudista Robert Edward Lee.
Il principio che sembra informare il film di Spike Lee è quello del detto latino “castigat ridendo mores”, dove per “mores” s’intendono sia il modo in cui il governo Usa ha affrontato il tema del razzismo nel corso del Novecento, sia lo sguardo che il cinema, da Griffith a “Via col vento”, ha quasi sempre avuto nei confronti dei personaggi di colore. L’ambizione è, evidentemente, ampia ed ardita. Gli esiti, però, sono purtroppo alquanto modesti, soprattutto perché, a differenza dei pur citati fratelli Coen o di Tarantino, il cinema di Spike Lee non possiede quasi nulla della loro forza satirica, ma tende a sperdersi nel disordinato accumulo delle situazioni e dei toni, indugiando ora sui lunghi monologhi (quale quelli affidati, all’inizio, a Alec Baldwin e, verso la fine, all’ultra novantenne Harry Bellafonte), e ora sugli inserti di vecchi film o di immagini di repertorio, che distraggono l’attenzione, più che favorirne l’approfondimento, dalla storia poliziesca principale..
BLACKkKLANSMAN
(USA, 2018) regia: Spike Lee – soggetto: dal libro di Ron Stallworth – sceneggiatura: Spike Lee – David Rabinowitz, Charlie Wachtel, Kevin Willmott – fotografia: Chayse Irvin – musica: Terence Blanchard – scenografia: Curt Beech – costumi: Marci Rodgers – montaggio: Barry Alexandrer Brown. interpreti e personaggi: John David Washington (detective Ron Stallworth), Adam Driver (detective Flip Zimmerman), Laura Harrier (Patrice Dumas), Topher Grace (David Duke), Jasper Pääkkönen (Felix Kendrickson), Ryan Eggold (Walter Breachway), Paul Walter Hauser (Ivanhoe), Ashlie Atkinson (Connie Kendrickson), Corey Hawkins (Stokely Carmichael), Ken Garito (sergente Trapp), Robert John Burke (Bridges), Alec Baldwin (Kennebrew Beauregard), Harry Belafonte (Jerome Turner). distribuzione: Universal Pictures – durata: due ore e 15 minuti