di Aldo Viganò.
Sbarcato negli Stati Uniti con il precedente “The Lobster”, il greco Yorgos Lanthimos (Atene, 1973) ribadisce la sua predilezione per un cinema algido e intellettuale, che poco concede all’azione o alla definizione dei motivi che spingono i personaggi ad assumere i loro comportamenti.
Messo in scena nell’ambientazione asettica di un ospedale statunitense (il cui arredamento si rispecchia anche nella ricca dimora privata della famiglia protagonista), “Il sacrificio del cervo sacro” ha l’andamento di una sacra rappresentazione, che cita la tragedia greca e non fa mistero delle proprie ambizioni metaforiche. Il tono è quello di un horror metafisico e lo stile tende alla rarefazione del cinema che rivendica per sé lo statuto dell’opera d’autore. Il “glamour” è garantito dalla presenza di due divi internazionali, quali Colin Farrell e Nicole Kidman.
Con il volto coperto da una folta barba nera, lui è il chirurgo che un giorno provocò la morte di un paziente, durante un’operazione a cuore aperto. Contrariamente alle sue abitudini, aveva bevuto. E di questo non si perdona. Anche lei è medico, ma soprattutto si occupa della crescita della figlia adolescente e del figlio minore, il quale vive il periodo dei lunghi capelli che non è disposto a sacrificare alle richieste dei genitori.
Come accade negli “horror”, la pace domestica di questa benestante famiglia, apparentemente felice, è messa in crisi dall’arrivo di un intruso. Si tratta del figlio della vittima dell’operazione a quel cuore che nella sequenza d’apertura del film si vede ancora pulsare, sotto i ferri della sala chirurgica. Il ragazzo, perché di tale si tratta, è molto determinato e penetra poco alla volta nella vita del chirurgo. E lui sembra accettare l’invasione.
Secondo lo stile lento caro a Lanthimos, solo a film già avanzato si capisce anche che il comportamento passivo del chirurgo è dettato dai sensi di colpa. Ma la cosa assume valenze metafisiche, solo quando l’intruso gli chiede esplicitamente uno scambio alla pari. Morte per morte. Come lui ha ucciso suo padre, dovrà anche uccidere uno dei suoi figli. Altrimenti, entrambi, e anche sua moglie, moriranno lentamente. E, siccome il dottore, tende a prendere tempo, le cose accadono sotto i suoi occhi, come provocate da una forza divina. Prima uno e poi l’altra, i figli manifestano i sintomi di una paralisi agli arti inferiori, che la scienza non sa spiegare.
Insospettita, la moglie e madre indaga. E, anche al prezzo di una masturbazione praticata su richiesta all’anestesista, amico di famiglia, riesce ad apprendere la colpa del marito. Ma di più non può fare, perché ormai le cose precipitano. Anche la violenza praticata dal capo famiglia sul ragazzo sequestrato e legato a casa loro, non sembra riuscire a modificare la progressione della malattia dei figli. E i sintomi della malattia dei figli degenerano (sempre molto lentamente). Tanto che alla fine, come Agamennone con il sacrificio di Ifigenia per placare gli dèi e ottenere i venti favorevoli verso Troia, anche Colin Farrell dovrà rassegnarsi e compiere il sacrificio, per restituire la pace a sé e alla propria famiglia.
In questo involucro intellettualistico, premiato lo scorso anno come migliore sceneggiatura al Festival di Cannes, il regista Yorgos Lanthimos si muove a proprio agio. Sino al limite di un compiacimento anche un po’ eccessivo. E gli attori lo assecondano. Lasciando, infine, solo lo spettatore a domandarsi quale sia il vero motivo di una simile messa in scena. Se non, forse, quella di creare anche in lui, spettatore, gli stessi sensi di colpa che, sotto la nera barba, dice di soffrire il protagonista, Lasciando, comunque, che ricadano, infine, sul figlio colpevole solo di essere nato da un simile padre. E di portare i riprovati capelli lunghi, il cui taglio, però, non lo salva dal programmato (sia dal “vendicatore”, sia dagli autori del film) destino di vittima sacrificale.
IL SACRIFICIO DEL CERVO SACRO
(The Killing of a Sacred Deer, Irlanda-USA-GB, 2017) regia: Yorgos Lanthimos – sceneggiatura: Efthymis Filippou e Yorgos Lanthimos – fotografia: Thimios Bakatakis – scenografia: Jade Healy – costumi: Nancy Steiner – montaggio: Yorgos Mayropsandis. interpreti e personaggi: Colin Farrell (dott. Steven Murphy), Nicole Kidman (Anna Murphy), Barry Keoghan (Martin), Raffey Cassidy (Kim Murphy), Sunny Sulijc (Bob Murphy), Alicia Silverstone (madre di Martin), Bill Camp (Matthew). distribuzione: Lucky Red – durata: un’ora e 49 minuti