di Furio Fossati.
Sorriso aperto e rasserenante, la bellezza di una ragazza che non dimostra i suoi 36 anni, l’attrice canadese di origini neozelandesi ha subito conquistato il pubblico di Karlovy Vary ma anche i vari giornalisti a cui non ha mai negato una risposta, anche se non sempre le domande le erano gradite.
Del resto, Anne Paquin sconta ancora di avere vinto il Premio Oscar per la miglior attrice non protagonista all’età di 11 anni per il ruolo di Flora McGrath (più giovane di lei solo Tatum O’Neal) nel film Lezioni di piano (1993) pur avendo avuto poca o nessuna esperienza di recitazione prima di ottenere il ruolo scelta tra oltre 5000 candidate. Poi una buona carriera ma nessun titolo che le abbia donato ulteriore fama.
Non sono bastati Amistad (1997), Quasi famosi (2000) per donarle le stesse emozioni. In televisione per il ruolo principale di Sookie Stackhouse nella serie TV True Blood (2008-2014), ha vinto il Golden Globe per la miglior attrice in una serie drammatica.
Ma, forse, da lei ci si aspettava ancora di più.
Superate le domande di rito su una carriera brillante ma senza altri film importanti, è pronta per rispondere ad altri tipi di domande. Era accompagnata da Stephen Moyer – attore qui al suo debutto alla regia – e dallo sceneggiatore Denis O’Hare (anche tra gli interpreti) per presentare The Parting Glass (2018) un dramma dalla interessante costruzione narrativa.
Di cosa parla il film?
“E’ un dramma di grande vigore sulla famiglia, l’amore e la perdita di una persona cara, in questo caso io che recito… dopo morta per quasi tutto il film. Racconta lo scioglimento di una famiglia a causa della morte per suicidio della sorella minore mentre intraprendono un viaggio per cercare di raccattare i cocci delle loro vite: scavano nei ricordi del passato per mettere insieme un ritratto della donna che hanno perso.
In un lungo viaggio attraverso un paesaggio gelido, i fratelli vengono raggiunti dal marito della sorella e dal padre; mostra come una famiglia vera possa affrontare il dolore e la perdita con risate, lacrime e ricordi confusi ma utili per meglio tentare di comprendere qualcosa che apparentemente non ha logica.”
Non le ha fatto paura un personaggio così complesso?
“Certamente, ma il nostro mestiere è sempre una sfida, dimostrare a se stessi ed agli altri di essere capaci di imprese anche così difficili.”
Ha chiesto tempo per decidere o ha subito accettato?
“Difficile dire di no al proprio marito (è sposata con Stephen Moyer dal 2010) e se a suo tempo ha trovato i giusti argomenti per convincermi a sposarlo, beh, qui era sicuramente più facile. Sapevo che per lui questo debutto alla regia era importante, per di più fatto alla grande perché la sceneggiatura è scritta dal bravissimo Denis O’Hare che qui quale coprotagonista ci mette anche la faccia.”
Cosa pensa della sua esperienza in True Blood prodotta dalla HBO?
“Mi sono trasformata nella barista telepatica Sookie Stackhouse che corre con hot pants, capelli biondi e molto sesso con un vampiro di nome Bill. Un piccolo shock per chi mi conosceva in altri ruoli ma anche difficile per me essere naturale in situazioni che non mi erano consone. Ben presto è divenuta terza serie più popolare della HBO, dopo The Sopranos e Sex and the City: questo basta a togliermi ogni dubbio sulla mia scelta. Poi, ho incontrato quello che sarebbe divenuto mio marito e ho vinto un Golden Globe. Più di così non potevo sperare.
Lei non è un vampiro, ha poteri mentali che le permettono di carpire i pensieri di tutte le persone, le piace Bill perché è la prima persona di cui non è stata in grado di ascoltare i pensieri, quindi è tranquilla. Sono entrambi estranei. Che dire, penso proprio di avere fatto bene a non dare retta a chi mi consigliava di non accettare.”
Stanca per il viaggio, chiude questo momento istituzionale con un ulteriore sorriso e, a piedi assieme al marito, fa un salto a Karlovy Vary mischiandosi tra le tante persone che passeggiano: una coppia serena che ha unito i propri percorsi di vita ed artistici in un connubio che sembra possa avere un futuro felice e tanti progetti cinematografici – ma anche televisivi e teatrali – da fare assieme.