di Aldo Viganò.
Un altro “biopic”. Ma questa volta non è tanto la narrazione di una più o meno celebre vita che interessa al film, quanto la ricerca di tradurre nel linguaggio del cinema l’essenza stessa di un’esistenza famosa. E, trattandosi di Emily Dickinson (1830-1886), questa essenza è ovviamente la sua poesia: appassionatamente lirica, ma linguisticamente sincopata; sensibile agli echi della vita esterna (visse negli anni delle lotte contro lo schiavismo e della Guerra di Secessione), ma sempre più gestita nel chiuso della propria stanza; intimamente femminista, ma testimonianza di una esistenza trascorsa all’ombra autoritaria del padre e del fratello; anche una poesia attraversata da quell’afflato anticlericale che le fece abbandonare il collegio prima di finire i suoi studi, ma intimamente animata da una forte tensione spirituale.
Messo in scena dall’inglese Terence Davies, nato a Liverpool nel 1945, questo film sulla più grande poetessa statunitense dell’Ottocento si sforza di coglierne questa essenza, facendo ricorso a quello stile senza divagazioni che negli anni Ottanta ne aveva fatto un protagonista nei festival internazionali e nei cinema d’essai (Terence Davies Trilogy o Voci lontane… sempre presenti) e puntando sull’efficace presenza attoriale di Cynthia Nixon, la quale sa restituire molto bene il crescente processo di auto-reclusione claustrofobica di quella poetessa sempre intollerante a ogni trasgressione morale, sia nei confronti di se stessa, sia quando questa “amoralità” riguarda il comportamento degli altri: dal mancato rispetto della “sua” punteggiatura da parte dell’editore, all’apparente incoerenza della sua unica amica che ha scelto di sposarsi, sino alla scoperta del tradimento coniugale del fratello.
A Quiet Passion è un film in cui i fatti contano sempre meno degli stati d’animo e delle atmosfere. Anche delle parole. Siano queste quelle un po’ letterarie nella loro essenzialità dei rari dialoghi tra i personaggi o quelle che riecheggiano (anche con voce fuori campo) sul filo dei versi della Dickinson. Un film aspro e figurativamente cadenzato sul divenire esistenziale di una giovane donna che amava i colori della natura (quel suo cantato giardino), ma era costantemente ossessionata dalla morte (quella del padre e poi della madre, sino alla sua stessa, per nefrite), anche se scelse, in segno di quella purezza che andava cercando, di vestire sempre di bianco.
E la regia di Davies non fa mai mistero di volersi adeguare a questa essenzialità, consegnando allo spettatore un’opera figurativamente elegante, composta d’immagini scelte tutte per la loro “necessità” poetica, riducendo al minimo la loro funzione narrativa. Proprio come nella poesia della Dickinson le parole sono scarne ed essenziali; tese più a evocare stati d’animo e sentimenti interiori, che a raccontare fatti e avvenimenti, come ben spiega nel film la sua dichiarata avversione per le ballate poetiche del coetaneo Henry Longfellow.
Ne risulta così un film essenzialmente intimista, caratterizzato da lunghi primi piani accompagnati da lente panoramiche a scoprire i dettagli dello spazio fisico in cui queste esistenze vivono, scrivono e pensano; con rari carrelli a seguire i pochi momenti di felicità rappresentati dagli incontri della protagonista con la trasgressiva amica Vryling Buffan (votata però ad adeguarsi alle convenzioni della vita sociale) e sottolineati dal suo rapporto con l’amato giardino. Un film, A Quiet Passion, che ricorda quelli che una volta si definivano “d’essai”. Ma anche un film essenzialmente coniugato al femminile, perché – anche se allora il potere era tutto nella mani degli uomini: l’amorevole ma intollerante padre (nel cui ruolo si ritrova Keith Carradine) e il mai perdonato fratello – i personaggi che vi emergono (e con i quali la regia più volentieri si identifica) sono proprio quelli femminili: compreso quello della dolce e tollerante sorella Vinnie (Jennifer Ehle) che sino alla fine rimarrà accanto a Emily, pur senza mai averne condiviso appieno l’inquieta passione per la vita.
A QUIET PASSION
(Gran Bretagna, 2016) regia e sceneggiatura: Terence Davies – fotografia: Florian Hoffmeister – scenografia: Ilse Willocx – montaggio: Pia di Ciaula. – interpreti e personaggi: Cynthia Nixon e Emma Bell (Emily Dickinson), Jennifer Ehle e Rose Williams (Lavinia “Vinnie” Dickinson), Duncan Duff e Benjamin Wainwright (Austin Dickinson), Joanna Bacon (la madre), Keith Carradine (il padre), Jodhi May (la cognata), Annette Badland (la zia), Catherine Bailey (Vryling Buffam). distribuzione: Satine Film – durata: due ore e 6 minuti