di Renato Venturelli.
Il pubblico italiano lo conosce per “Father and Son”, “Little Sister”, “Ritratto di famiglia con tempesta”, e in questo suo ultimo film Kore-eda Hirokazu torna ancora ad occuparsi di una famiglia, tema conduttore di gran parte del suo cinema, ma lo fa in modo per certi aspetti più anomalo, realizzando uno dei migliori film visti finora a Cannes 2018.
Apparentemente si tratta di una famiglia normalissima, con una vecchia nonna, un padre e una madre, i figli, tutti riuniti a vivere in un’abitazione modesta, cercando come possono di tirare avanti, uniti da un sincero legame d’affetto. Ma il padre insegna al figlio come rubare nei supermercati, e quando sulla via di casa i due incontrano più volte una bambina sola e maltrattata dai genitori, decidono di prenderla con sé, portandola in casa a vivere insieme agli altri, indifferenti poi ai notiziari tv che la danno scomparsa o rapita.
A poco a poco, affiora così la verità. L’anziana di casa è felice di vivere in compagnia i suoi ultimi anni di vita, strappata alla sua solitudine, ma fa parte del gruppo familiare unicamente perché riceve una pensione: e quando muore, viene sepolta nel giardino in modo da nascondere la realtà di quella famiglia e continuare a percepire i soldi. La figlia maggiore arrotonda le entrate familiari esibendosi in un peep-show. Il figlio minore comincia subito a educare la nuova bambina arrivata all’arte del taccheggio. E il padre non è affatto il genitore dei ragazzi, anche se vorrebbe tanto essere considerato tale: in realtà sembra che insieme alla sua compagna abbia ucciso a suo tempo il marito di quest’ultima, ponendo in quel modo le basi dell’attuale, anomala famiglia.
Quando il figlio comprende che quei rapporti affettivi che sembrano legare tutti i componenti sono in realtà fondati sull’interesse economico, la situazione finirà inevitabilmente per esplodere. Ma il modo in cui Kore-eda osserva i suoi personaggi non assume mai un tono cinico o di facile denuncia. Il calore che unisce i membri di quella famiglia irregolare è assolutamente autentico, così come l’affetto, la solidarietà e il rispetto reciproco. Il conflitto esplode semmai quando prima o poi diventa inevitabile il confronto con la società esterna, che non ammette l’esistenza di quel tipo di famiglia. “I figli devono crescere con le loro mamme”, dice l’assistente sociale, riconsegnando la bambina ai legittimi genitori che la maltrattano, la picchiano e l’abbandonano a se stessa, ma secondo quello che è un ordine socialmente accettato. Tutto questo raccontato però senza alzare mai i toni, osservando pacatamente comportamenti, piccoli dettagli, risvolti delicati ma che vanno a comporre un quadro dal significato forte: il costante perfezionamento di uno stile come osservazione e rappresentazione del mondo.