“La casa sul mare” di Robert Guédiguian

di Aldo Viganò.

Firmando a sessantacinque anni il suo ventesimo lungometraggio (come passa il tempo!), il regista Robert Guédiguian conferma di essere un autore sempre capace di far vivere “alla grande”  le vicende personali di alcuni esseri umani, soprattutto quanto più “piccolo” è il mondo narrativo e drammaturgico nel quale i suoi personaggi agiscono e si pensano. E ancora una volta, questo suo piccolo mondo votato a diventare tutto l’universo coincide scenograficamente con il golfo della natia Marsiglia: luogo insieme amato e odiato, anche perché, come dice sovente nei suoi film (in questo come, ad esempio, in “Marie-Jo e i suoi due amori”) è una città con “la testa a destra e il cuore a sinistra”.

È qui, infatti, che nel corso di un triste inverno si ritrovano nella villa avita, sovrastante la bella insenatura di Méjean e a sua volta incorniciata dai grandi archi del ponte ferroviario, i tre fratelli Barberini, due maschi (Joseph e Armand) e una femmina (Angèle), accorsi al capezzale del padre vittima di un ictus che lo ha lasciato muto e paralizzato.

Con gli anni, il borgo è cambiato e la sua popolazione è quasi irriconoscibile. Ora la gente del posto vota in massa per il Front National, mentre per la strada si aggirano le camionette dell’esercito in caccia di profughi clandestini. Ma il cuore dei tre fratelli, come quello dell’anziana coppia dei loro vicini di casa, batte ancora per i valori della solidarietà umana e dell’accoglienza dei più deboli.

Il tempo è passato anche per i tre fratelli. Il più anziano (Gérard Meylan) continua a gestire in modo un po’ stanco il ristorante che il padre aveva voluto fosse luogo di ritrovo e non solo di profitto, ma Angèle (Ariane Ascaride, moglie del regista) e Joseph (Jean-Pierre Darroussin) non sono più quei ragazzi che, in un filmato d’epoca girato dal regista con gli stessi attori, scherzavano gioiosi nel mare azzurro.

Se ne erano andati via di casa da anni ormai. Lei per fare l’attrice e, soprattutto, nel vano tentativo di lasciare emarginare la ferita della morte della piccola figlia sfuggita una notte alla sorveglianza del padre.  Lui per diventare scrittore, ma ora in crisi depressiva nonostante la compagnia della bella ragazza (Anaïs Demoustier) che si era innamorata di lui dopo di averlo conosciuto in veste di conferenziere.

“La casa sul mare” (in originale “La villa”) nasce da uno spunto narrativo già visto infinite volte nelle sue molte varianti di un ritrovo di famiglia imposto dagli eventi, gioiosi o luttuosi che siano. Sovente queste rimpatriate sono state anche l’occasione per ciascun parente di fare i conti, sul filo della memoria, con se stesso e con gli altri. Ma in “La casa sul mare” si scopre subito che questo interessa veramente poco a Guédiguian. Al centro del film, infatti, non stanno tanto le psicologie e i rapporti reciproci che pur hanno anche qui un proprio specifico peso narrativo, quanto il sentimento universale del tempo che passa. Un sentimento che sul piano stilistico si concretizza in un sguardo sull’umanità che coniuga delicatezza e complessità, diventando insieme commosso e attuale, ideologico e sincero. Nessuna concessione all’ovvietà del solito gioco al massacro in famiglia, pertanto. Bensì l’occasione cinematografica di svelare, anche in modo sorprendente, un pugno di personaggi posti dagli eventi di fronte al bivio tra la morte e la vita.

Lungo questa via, “La casa sul mare” diventa così un film che, pur raccontando piccole cose (amori che finiscono e altri che ri-nascono) e indugiando con insistenza su gesti apparentemente marginali (due mani che si stringono e si accarezzano, o si scambiano medicine), riesce per via stilistica ad allargare lo sguardo sul mondo intero, magari cogliendolo di sfuggita negli occhi ormai spenti del morituro o nello sguardo di quella bambina arrivata dal mare e accolta con i suoi fratellini dai tre protagonisti; oppure anche nel rappacificato sorriso sul volto dei cadaveri dell’anziana coppia dei vicini di casa che hanno scelto consapevolmente di porre fine alla propria esistenza.

Autore di un cinema classico e sempre molto ben costruito, Guèdiguian consegna così allo spettatore più attento un film solo apparentemente semplice ed elementare. Una riflessione sincera e amara sulla vita contemporanea, che sa elevare uno spunto di partenza quasi amatoriale (i soliti luoghi in riva al mare e il consueto cast composto dagli amici di sempre, ma che con gli anni diventano sempre più bravi) sino a farne una personalissima rappresentazione per immagini di un’arte capace di essere insieme libera e impegnata, comunque mai disposta a rassegnarsi alla separazione tra forma e contenuto. E viceversa.

 

LA CASA SUL MARE

(La villa, Francia – 2017) regia: Robert Guédiguian – sceneggiatura: Serge Valletti e Robert Guédiguian – fotografia: Pierre Milon – scenoografia: Michel Vandestien – montaggio: Bernard Sasia. interpreti e personaggi: Ariane Ascaride (Angèle Barberini), Jean-Pierre Darroussin (Joseph), Gérard Meylan (Armand), Jacques Boudet (Martin), Anais Demoustier (Bérangère), Robinson Stévenin (Benjamin), Yann Trégouet (Yvan). distribuzione: Parthénos Distribuzione – durata: un’ora e 57 minuti

 

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