di Aldo Viganò.
Luna Park di Coney Island, nei primi anni Cinquanta. La quarantenne Ginny (Kate Winslet), abbandonato ormai il sogno di fare l’attrice e tormentata dal senso di colpa di aver tradito il primo marito, vive facendo la cameriera in un fast-food. Ha un figlio adolescente (Jack Gore) con manie piromani; un nuovo coniuge (Jim Belushi) il quale gestisce una giostra ai piedi della Grande Ruota (la “Wonder Wheel” del titolo originale) e ha una figlia di primo letto (Juno Temple) che un brutto giorno le capita in casa, in fuga dal marito gangster; e un giovane amante (Justin Timberlake) che fa il bagnino e coltiva l’ambizione di diventare uno scrittore, emulo di Eugene O’Neill.
Sono questi il palcoscenico e la locandina del nuovo film di Woody Allen che, a 82 anni compiuti, continua a esibire al cinema la sua predilezione per il teatro, ideando, scrivendo e dirigendo al ritmo di una pellicola per stagione delle storie sempre molto simili, sul tema del destino e della solitudine, delle variazioni irrazionali dell’esistenza umana, soprattutto di quella di genere femminile.
Quando Woody era giovane la sua predilezione per il teatro si manifestava soprattutto nella forma del cabaret, disposto a sacrificare ogni cosa per amore di una battuta vincente. Ma già allora, ogni tanto lasciava trasparire il suo amore per una drammaturgia più alta (dal Cechov di “September” al Bergman di “Interiors”, con periodiche incursioni nella tragedia greca). Amore che negli ultimi anni (non potendo più essere personalmente un credibile interprete) ha progressivamente ripiegato verso i modelli di autori che affondano le radici nella realtà nazionale: da Eugene O’Neill, appunto, al sempre amato Tennessee Williams.
Ed ecco pertanto che questo “Wonder Wheel” (la ruota che diventa metafora della vita), sembra per molti aspetti la coppia di “Blue Jasmine”: il film del 2013 con Cate Blanchett, che a sua volta era una esplicita citazione di “Un tram che si chiama desiderio”. Niente di male ovviamente. È tipico degli autori, soprattutto di quelli europei, rifare sempre lo stesso film, proponendo sullo schermo solo variazioni della stessa storia (Fellini e Haneke docent). Cosa che Woody Allen, via via che trascorrono gli anni, fa con convinzione progressivamente crescente, puntando tutte le sue carte migliori sulla sceneggiatura, anche se dichiaratamente di riporto, e trascurando come sempre l’essenza stessa del fare del cinema: affidando, cioè, alla parola più che al linguaggio delle immagini in movimento il compito di portare avanti la storia. O meglio, con maggiora sottigliezza, Allen lascia qui, come altrove, che il cinema nel suo film viva solo nella piacevolezza delle sue scelte di accompagnamento musicale (sempre molto curate) e nel calligrafismo autoriale, qui un po’ stucchevole, dei controluce scelti dal suo direttore di fotografia, che questa volta torna a essere Vittorio Storaro.
Come vuole la legge del teatro, comunque, ciò che anche in “La ruota delle meraviglie” viene posto al centro della scena, giustificandone la stessa esistenza, è, oltre al testo scritto, la recitazione degli attori. Ed entro a questi limiti, questa volta l’ottuagenario Woody Allen sa esprimersi al suo meglio, dirigendo con mano ferma e con intellettuale convinzione i suoi interpreti: l’ottima Kate Winslet che sovente monologa in primo piano, il felicemente redivivo Jim Belushi qui impegnato in un ruolo drammatico e la convincente Juno Temple (quella di “Killer Joe” di Friedkin). E lasciando all’opaco Justin Timberlake non solo l’onere di romanticamente dividersi tra due donne di diversa età, ma anche quello di fungere da narratore, il quale, come sovente accade nei film di Allen, si rivolge direttamente allo spettatore per anticipare con effetto straniante o per commentare narrativamente gli snodi drammatici della vicenda: il tradimento coniugale con la disponibile cameriera, la passione che monta in lui per la figliastra della sua amante, il minaccioso arrivo dei killer mandati dal marito della Temple, ecc.
LA RUOTA DELLE MERAVIGLIE
(Wonder Wheel, USA 2017) Regia, soggetto e sceneggiatura: Woody Allen – fotografia: Vittorio Storaro – scenografia: Santo Loquasto – costumi: Suzy Benzinger – montaggio: Alisa Lepselter. Interpreti: Kate Winslet (Ginny Rannell), Justin Timberlake (Mickey Rubin), Juno Temple (Carolina), Jim Belushi (Humpty Rannell), Jack Gore (Richie), Tony Sirico (Angelo), Steve Schirripa (Nick), Max Casella (Ryan), David Krumholtz (Jake). Distribuzione: Lucky Red – durata: un’ora e 41 minuti