TFF 2017 – “Dark River” di Clio Barnard

di Renato Venturelli.

Arriva a Torino dai festival di Toronto e di Londra questo dramma familiar-campestre di Clio Barnard, la regista inglese messasi in mostra col documentario “The Arbor” e “The Selfish Giant – Il gigante egoista”. Il primo rievocava la figura di Andrea Dunbar, l’autrice di “Rita, Sue e Bob in più” morta ad appena 29 anni dopo una vita bruciata in fretta; il secondo, incetrato sul rapporto tra due ragazzini, era invece stato chiamato a inaugurare la Quinzaine di Cannes del 2013, dove aveva anche vinto un premio.

Chi si aspettava un’opera spiccatamente originale è però rimasto deluso. “Dark River” è un solido dramma familiare, ma resta in un ambito sempre abbastanza scontato. Ruth Wilson vi interpreta una trentenne che ha lavorato tutta la vita in allevamenti di ovini, finché alla morte del padre torna nella fattoria di famiglia accanto al fratello che è sempre rimasto sul posto. Ma quest’ultimo l’accoglie subito con ostilità a causa della sua lunga assenza, non accetta di averla al proprio fianco, e per di più ha lasciato andare in malora buona parte della proprietà. Quando la donna cerca di prendere in mano la situazione, decisa a rimediare alla sua trascuratezza e alla sua incuria, ha perciò una reazione violentemente negativa: ed accetta l’offerta dei proprietari del terreno, volta a riprendere possesso della fattoria escludendo i due fratelli.

Fin qui si tratta semplicememnte della base drammatica su cui sviluppare il rapporto tra i due protagonisti, il paesaggio in cui sono immersi, l’edificio in cui tornano a vivere vicini. A far precipitare la vicenda su un terreno più scontato sono invece le motivazioni per cui la protagonista s’era allontanata, e cioè gli abusi subiti dal padre durante l’infanzia e l’adolescenza, abusi che ancora rendono impossibile un suo sereno rapporto con la casa, le sue stanze, i suoi spazi.

Quello che rimane è perciò un film di robusta confezione, con attori ben diretti e una discreta capacità di raccordare personaggi e vicenda al paesaggio campestre in cui si svolge: ma dove le dignitose doti di narratrice di Clio Barnard sono confinate in un ambito sostanzialmente accademico, con tanto di pletorici flashback per visualizzare didascalicamente gli abusi subiti dalla protagonista.

Postato in 35° Torino Film Festival.

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