di Aldo Viganò.
Una ragazza americana (Kristen Stewart) vive in Europa alle dipendenze di una indaffaratissima componente della jet society internazionale, per la quale esercita il ruolo della “personal shopper”, acquistando per lei vestiti, accessori e gioielli vari nei migliori negozi di Parigi e di Londra. Ma la vita quotidiana di Maureen (questo è il nome della ragazza) non è fatta solo di tale lavoro, nel quale corre quotidianamente il rischio di negare la propria personalità per dissolverla nel’esistenza altrui. Il film inizia, infatti, quando deve anche fare i conti con la recente scomparsa del fratello gemello, morto per una genetica malformazione cardiaca della quale lei stessa soffre, e con la sua promessa di ritornare presto a contattarla in virtù delle comuni qualità di medium.
Per questo, Maureen è ora in attesa di un segno dall’aldilà da parte del fratello. Ne avverte la presenza nelle notti trascorse sola nella casa comune, e di queste manifestazioni fantasmatiche parla con colei che era stata la compagna di Lewis, il gemello. Ma altre cose strane accadono anche nel corso dei suoi viaggi (in treno, in taxi o in motorino), tra un negozio e l’altro. Soprattutto c’è qualcuno che stabilisce un contatto con lei tramite insistenti messaggi telefonici. Chi è costui? Il fantasma del fratello tanto atteso? Un maniaco telefonico? O forse colui che proprio in quei giorni ha fatto sanguinoso scempio di Kyra, la datrice di lavoro di Maureen, e vuole coinvolgerla nella responsabilità dell’efferato delitto?
Giocando con astuzia con questi intricati materiali narrativi, il regista Olivier Assayas (già critico dei “Cahiers du Cinéma” e autore ormai di sedici lungometraggi, oltre che di un pugno di corti) compone un altro dei suoi film labirintici, in cui ciò che conta non è tanto la limpidezza del racconto quanto la sua evidente astrusità, esibita in una ricerca linguistica che questa volta si appoggia soprattutto sulla irrazionalità del dialogo diretto con l’imponderabile: sia questo quello dall’aldilà con i morti (la cui legittimità culturale è avvalorata dall’inserto di una sequenza con Victor Hugo in dialogo con i defunti dall’esilio nell’isola di Jersey) o quello che si articola con il misterioso autore di quei messaggi via web.
Fumose ombre che emergono dal nulla e brevi frasi lette o scritte sul display dell’i-phone diventano così il filo conduttore di un film che tramite loro gioca anche con alcuni “generi” cinematografici, sfiorando l'”horror gotico” quando indugia sulle apparizioni visive e le rumorose testimonianze sonore del fantasma evocato, e addentrandosi anche nel “poliziesco” dopo il reperimento dell’insanguinato cadavere della ricca datrice di lavoro, sino allora sempre assente dallo schermo. E con il seguente dipanarsi della ricerca del forse prevedibile colpevole.
Amato particolarmente in patria per la sua esplicita vocazione autoriale, l’ormai più che sessantenne Assayas esibisce sul grande schermo un film in cui più che i personaggi contano le situazioni entro le quali la protagonista cerca soprattutto se stessa, e più che sui fatti il racconto viene costruito sulle forme dell’attesa delle manifestazioni dell’irrazionale.
In fin dei conti, sembra che sia stata proprio questa ostentazione dell’inesprimibile ciò che particolarmente è piaciuto alla giuria del Festival di Cannes la quale ha premiato Personal Shopper per la migliore regia. Una messa in scena il cui virtuosismo trascende continuamente la concretezza della recitazione di Kristen Stewart (già co-protagonista con Juliette Binoche del precedente film di Assayas Sils Maria), lasciando sullo sfondo la complessità e la fragilità del personaggio di Maureen, per dare l’impressione di portare in primo piano soprattutto la dichiarata consapevolezza che nell’era del digitale il linguaggio cinematografico è il frutto di continue contaminazioni di altre forme espressive (proiezioni di immagini mentali e messaggi via web), la cui rivelazione finisce con l’assumere una rilevanza autoriale la cui componente di ricerca va anche al di là della coerenza estetico-narrativa dell’ermetica opera cinematografica consegnata infine alla fruizione dello spettatore.
PERSONAL SHOPPER
(Francia, 2016) Regia e Sceneggiatura: Olivier Assayas – Fotografia: Yorick Le Saux – Scenografia: François-Renaud Labarthe – Montaggio: Marion Monnier. Interpreti: Kristen Stewart (Maureen Cartwright), Lars Eidinger (Ingo), Nora von Waldstätten (Kyra), Anders Danielsen Lie (Erwin), Sigrid Bouaziz (Lara), Ty Olwin (Gary), Andrey Bonnet (Cassandre), Benjamin Biolay (Victor Hugo). Distribuzione: Academy Two – Durata: un’ora e 45 minuti