di Renato Venturelli.
L’avevamo visto in concorso al Torino Film Festival, esce adesso nelle sale questo piccolo buon film d’esordio di Thomas Kruithof, che parte umilmente da una storia di genere molto anni ’60 e ’70, ma riesce a raccontarla con un’efficacia e una precisione che lasciano ben sperare.
Al centro del film, François Cluzet nel ruolo di un impiegato opaco e meticoloso, che una sera va fuori di testa, perde il lavoro, si trascina per anni tra depressione e anonima alcolisti, riuscendo poi a trovare una nuova, misteriosissima occupazione: deve recarsi ogni giorno in un appartamento deserto, trascrivere nastri registrati usando una vecchia macchina elettrica, obbedire a enigmatici rituali imposti dal suo datore di lavoro. Finché le registrazioni di intercettazioni telefoniche portano alla luce intrighi e omicidi internazionali, mentre uno strano collega entra nell’appartamento e nella vita del protagonista…
Molti hanno citato classici americani della paranoia anni ’70 come “La conversazione”, “Perché un assassinio” o addirittura “I tre giorni del condor”, anche perché la vicenda del film affonda in intrighi politici che rimandano sia alle ossessioni dell’epoca sia alla realtà della nuova destra francese di oggi. Ma il modo in cui Kruithof mette in scena questa vicenda va molto al di là del semplice aspetto politico, ricordando invece certe atmosfere anni ’60 in cui lo spunto da spy-story diventava innanzitutto metafora di una più generale condizione alienata dell’uomo contemporaneo.
Tra i pregi del film c’è però quello di non voler sottolineare troppo le sue ambizioni, per restare aderente alla pura scansione di un rituale narrativo: ed infatti la parte migliore è di gran lunga la prima, col protagonista che si reca tutto solo nell’appartamento e s’inoltra nel mistero rimanendo diligentemente fedele a un preciso codice di comportamenti. Con una bella direzione d’attori in cui, al di là di Cluzet, si conferma un attore in ascesa come Simon Abkarian, mentre Alba Rohrwacher ha un ruolo che promette inizialmente più ambiguità di quanto poi mantenga: e con un risvolto vagamente metaforico nella meticolosità del protagonista nel seguire regole che sarà prima o poi costretto a far saltare in aria.
LA MECCANICA DELLE OMBRE
(La mécanique de l’ombre, Belgio/Francia, 2016) Regia: Thomas Kruithof – Sceneggiatura: Yann Gozlan, T. Kruithof – Fotografia: Alex Lamarque – Montaggio: Jean-Baptiste Beaudoin – Interpreti: François Cluzet (Duval), Alba Rohrwacher (Sara), Denis Podalydes (Clément), Sami Bouajila (Labarthe), Simon Abkarian (Gerfaut) – Durata: un’ora e 33 minuti