di Renato Venturelli
Da “A come Andromeda” al dottor Jekyll di Albertazzi, da “Il segno del comando” alla baronessa di Carini, ai caroselli sul pianeta Papalla… E’ stato appena pubblicato “Fantasceneggiati – sci-fi e giallo magico nelle produzioni Rai (1954-1987)” (ed.Elara, Bologna 2016, 230 pp., 24.90 euro), un corposo volume che passa in rassegna tutto quanto la Rai ci ha fatto vedere nel campo del fantastico dai suoi esordi fino a quel 1987 che viene un po’ considerato la fine di un’epoca, almeno dal punto di vista produttivo.
Ne sono autori due superesperti del settore come Leopoldo Santovincenzo e Carlo Modesti Pauer, vale a dire gli autori del programma cult di Rai4 “Wonderland”, che hanno potuto realizzare un lavoro completo attingendo direttamente agli archivi e alle vecchie registrazioni Rai. E, al di là della schedatura di tutte le produzioni Rai nel campo del fantastico, il libro si dedica a una ricostruzione più generale dell’approccio dell’emittente pubblica a quegli argomenti che alimentavano l’immaginario fantastico degli italiani.
La storia è appassionante e ricca di dettagli caustici. Il passaggio dall’Italia rurale a quella spaziale pare si debba infatti collocare intorno al 1947, quando un tramviere romano vede ancora la Madonna ma tre mesi dopo un più laico pastorello emiliano vede già un Ufo: e da quel momento si scatena in Italia una progressiva corsa agli Ufo, con tanto di avvistamento di dischi volanti addirittura allo stadio, durante un’amichevole Fiorentina-Pistoiese del 1954, anno fatidico dell’esordio delle trasmissioni Rai.
Prima ancora di dedicarsi agli sceneggiati dell’epoca d’oro, il volume distribuisce qua e là precise ricostruzioni d’epoca, ricordando ad esempio il modo in cui la Rai governativa diede imbarazzata l’annuncio del primo satellite artificiale sovietico e della conseguente sconfitta americana: “Mentre gli Stati Uniti si preparano a lanciare dieci satelliti artificiali, i sovietici annunciano di aver sperimentato il loro”. E un esperto, intervistato: “Noi conosciamo un satellite, ma è quello americano che sarà lanciato prossimamente; per quell’occasione potremo dire qualcosa…”.
Quanto all’argomento in senso stretto dal libro, prende il via con la tv dei ragazzi che ospitò i primi esempi di racconti fantascientifici in chiave leggera, ma si sviluppa presto in modo più ambizioso, sullo sfondo della corsa allo spazio Usa-Urss. Tra le tappe fondamentali, il pionieristico “L’ultima faccia di Medusa” (1958), il celebre “A come Andromeda” che doveva essere interpretato da Patty Pravo (1970), tutta la sperimentazione Rai anni ’70, “Le uova fatali” di Ugo Gregoretti, i “Racconti di fantascienza” di Blasetti, fino all'”Isola del tesoro” riletta in chiave spaziale da Castellari e Margheriti nel 1987.
Parallelamente, il libro rievoca anche la storia di un genere come quello del “giallo magico”, che inizialmente si trovava al di fuori della concezione educativa della tv di stato, ma ha poi conosciuto una serie di grandi successi, culminando nell’operazione di “L’amaro caso della Baronessa di Carini”, capace di conquistare gli spettatori con il suo mix originalissimo di generi. Oltre al lavoro minuzioso di ricostruzione, c’è anche un tipo di osservazione molto “cinefila” a questo tipo di prodotti televisivi: e uno spazio a sé viene dedicato al suo regista, Daniele D’Anza, “al cui apporto si deve il meglio degli sceneggiati Rai moderni”.
Il risultato è un volume che informa dettagliatamente su tutto quanto è stato realizzato dalla Rai in quei trent’anni abbondanti, con tanto di schedatura opera per opera curata da Marcello Rossi, ma che fornisce anche un quadro più ampio della cultura nazional-popolare dell’epoca in rapporto alle politiche Rai sull’argomento scienza-fantascienza-mistero (si ricorda anche l’influsso sull’Italia dei primi anni ’70 curiosamente esercitato dal campione di Rischiatutto Inardi, esperto in parapsicologia).
Un libro insomma che si pone accanto al classico “Fotoromanza” di Oreste De Fornari come lavoro imprescindibile nella ricostruzione storica della fiction televisiva italiana. E con prefazione di Ugo Gregoretti, che ricorda tra le altre cose come la tv di stato anni ’70 permettesse una libertà espressiva che non aveva il cinema e non avrebbe poi più avuto la stessa tv nell’era commerciale.
(renato venturelli)